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Fare impresa che impresa: difficoltà e soluzioni in 4 casi pratici di PMI italiane che hanno capito come crescere in modo costante (sconsigliato ai deboli di cuore)

Giulio Ardenghi
L'impresa di superare ostacoli

Fare impresa è un’impresa molto più difficile di quanto si pensi: difficoltà di ogni tipo, dallo scegliere il posizionamento a strutturare l’azienda in modo tale da mettere i clienti al centro delle attività; dallo scatenare l’immaginazione all’uso efficace del mobile marketing; dal considerare nuovi canali all’uso del Conto Economico come GPS della gestione aziendale. Ecco 4 casi pratici (e come sempre inediti) di aziende italiane “tipo” che sono riuscite a capire come crescere in modo costante nel tempo. Istruttivo e stimolante, da leggere con calma e molta attenzione.

Intanto, ti anticipo nello specifico i 5 punti che tratto in modo concreto e operativo in questo articolo:

  • Immaginare, creare, inventare cose nuove e non solo innovare
  • La rapidità di realizzazione è vitale
  • Il mobile marketing è un “must”per tutti, anche per il retail
  • Il Conto Economico è il cruscotto per guidare l’azienda
  • Il Posizionamento e la coerenza sono la base di ogni business

Ho avuto 4 incontri con alcuni piccoli imprenditori per discutere di come fare impresa in un ambiente che cambia in continuazione immettendo sul mercato sempre nuove innovazioni.

Abbiamo affrontato, fra gli altri, i seguenti temi:

come sfruttare a proprio vantaggio tutte le applicazioni digitali disponibili, come porsi all’avanguardia nel mobile marketing, nella customer experience (Cx) e assicurarsi che il proprio modello di business sia flessibile e l’area di propria pertinenza (posizionamento) sia chiara e ben definita, quali sono le convinzioni che limitano lo sviluppo e quali nuove competenze servono per sviluppare il proprio business, piccolo o grande che sia.

Ho affrontato questi temi da un punto di vista pratico analizzando i casi concreti portati dagli interessati.

Fra questi ho scelto 4 esperienze, che seppure diverse fra loro in apparenza, hanno dei minimi comuni denominatori, delle regole, delle “cure” che le accomunano.

Se vuoi approfondire i contenuti, continua a leggere.

Boutique  moda donna

La signora A gestisce con successo una boutique di 60mq, di gamma medio/alta in centro città, ha una clientela fedele e affezionata. Molto affezionata tant’è che se A non è in negozio, non si affidano alla commessa, ma preferiscono ritornare quando la proprietaria è in negozio. Si fidano dei suoi consigli e, a detta della proprietaria, sono “felici” quando escono dalla boutique con un acquisto.

A organizza première per le proprie clienti migliori per mostrare in anteprima le collezioni, intrattenendole con un buffet. Sovente invita esperti nel maquillage o in altri setori per creare una Cx positiva.

Ma come può svilupparsi il suo business visto che dipende dalla presenza della proprietaria? A è consapevole che non può aprire altre boutique perchè la sua presenza costante, il rapporto diretto con le sue clienti è il cardine del successo della suo business.

Mi rivela che, a volte, usa un temporary shop.

Riflettiamo su questo punto e scopro che A conosce tutte le operazioni necessarie a rendere di successo un temporary shop, dove la sua presenza non è essenziale in quanto le clienti sono di “passaggio” e guardano soprattutto al prodotto e al prezzo, come in tutti i temporary store.

Gestendo questo canale A sa bene quale location è più adatta, quanto spazio deve avere, come deve essere gestita ed esposta la collezione in vendita, come selezionare le commesse, come preparare la vetrina che, alla prova dei fatti, ha scoperto che è meglio non oscurarla con scitte del tipo “Capi di marca con sconti sino al 50%” , “Fuori Tutto” ma, al contrario, quanto sia importante che dalla strada si vedano i capi all’interno dello store.

temporary shop esterno interno

Con A ragioniamo su questo modello di business:

  1. il temporary store può essere continuativo cambiando location?
  2. si possono avere in contemporanea più temporary store in diverse location?
  3. potrebbe essere una forma in franchising in cui A fornisce tutto a chi è interessato a un TS evitando gli errori da inesperienza e fornendo un servizio chiavi in mano: location, spazi,  vetrina, commesse, suggerimenti sull’assortimento, gestione stock e gestione cassa?

In altre parole, A potrebbe svilupparsi creando una diversificazione di business in cui la sua presenza non è essenziale, mettendo a punto un modello (moltiplicare i temporary shop)  da usare lei stessa e poi da proporre ad altri?

La boutique rimarebbe il flag ship store. Occorre evitare che i temporary shop siano nella zona di attrazione dove è locata la boutique per evitare inquinamenti d’immagine.

Amazon sta testando a Seattle un grande magazzino senza casse, in cui i clienti di Amazon Prime entrano, si identificano strisciando su un reader  il proprio QR code  che appare sullo schermo del proprio smartphone,  scelgono i prodotti dagli scaffali, escono e l’addebito avviene automaticamente sulla propria carta di credito. Niente code, niente casse.

Se il test funzionerà sono certo che Amazon aprirà una catena di negozi. Il web ha citato 2.000 possibili punti di vendita. Credo sia prematuro fare proiezioni, prima che il test si concluda. E’ di certo una modalità che potrebbe rivoluzionare il mondo dello shopping nel retail, nella GDO (grande Distribuzione Organizzata) e GDS (Grande distribuzione Specializzata).

La tecnologia è avanzatissima e attinge sia dagli sviluppi dell’auto che si guida da sola che dalla realtà virtuale.

Non è certo il caso, ad oggi, della sig.ra A, ma fare del mobile marketing in cui, via pagina di Facebook su smartphone, presenta e tiene aggiornati i clienti su varie iniziative legate ai nuovi arrivi, alle serate tematiche, a tutte le novità della boutique.

Inoltre, visto il successo del marchio, la sig. A potrebbe, ne abbiamo parlato, sviluppare anche una collezione di accessori col proprio brand e, da valutare, una linea di prodotti di bellezza.

Per gestire la diversificazione creando una catena di temporary shop continuativa occorre avere un sistema gestionale che permetta di tenere sotto controllo i principali parametri operativi, dallo stock agli incassi.

Di gestionali di questo tipo ce ne sono molti anche per IPMI. Importante è che siano gestibili anche  da tablet e smartphone, integrino un sistema di controllo fatturazione e tracking, permettano di gestire contatti e clienti con un CRM (customer relation management), facile da usare.

Per il momento, visto il rapporto personale tra A e le clienti della boutique, l’invio degli auguri per festività e onomastico è già in atto.

Il falegname

Al momento delle presentazioni il sig. B si presenta come falegname. Nel corso dell’icontro scopro che fa infissi e più avanti che realizza infissi antintrusione, che usa materiali speciali iper resistenti, che può personalizzare le sue realizzazioni con un design personalizzato.

Ci chiediamo qual è la vera professione del sig.B. Un falegname fa arredamenti in legno, porte e finestre. Il sig. B fa ben altro.

Stimolo B a riflettere sul suo vero business. Forse è il settore dell’home security?

B ci mette un po’ di tempo a metabolizzare questo nuovo posizionamento. Lo analizziamo insieme. Evidente che dove passare dalla realizzazione di singoli prodotti: finestre anti-intrusione, porte blindate a sistemi completi.

Questo è un salto non solo di cultura operativa d’impresa, ma anche di tecnologia. Per fornire soluzioni complete di sicurezza per la casa dovrà allearsi con altre PMI che producono item per la sicurezza in modo tale da essere un fornitore di sistemi, diventando l’unico interlocutore per il cliente desideroso di rendere sicura la propria residenza.

Inoltre, è d’accordo nel collegare il sitema di sicurezza allo smartphone del cliente che così potrà tenere sotto controllo anche a distanza gli apparati di sicurezza.

Al sig. B è molto chiaro questo passaggio e, afferma, di volersi muovere in questa direzione al più presto.

B è attivo con i social, tant’è che ha la propria pagina Facebook che tiene aggiornata con articoli che scrive di persona.

Mi accenna di aver partecipato a un corso sulla comunicazione efficace e mi porta la fotocopia della definizione di empatia, un termine che io non ho mai capito sino in fondo. Oggi è un termine di moda, va per la maggiore in tutti i corsi. Dobbiamo essere empatici! come se l’avesse prescritto il medico.

Fortuna vuole che B abbia ben chairo in testa anche cosa significa assertività. perchè con la sola empatia non si gestisce un team di lavoro.

Mi sorprende riferendomi una formula appresa durante il corso sulla comunicazione, ovvero: il MIC, acronimo pop che significa Muovi Il C… Sono perplesso e glielo manifesto.

Credo che prima del MIC ci sia bisogno, parafrasandolo, del MIN (muovi i neuroni). L’immaginazione, l’inventiva, l’innovazione, il posizionamento, la strategia passano dall’intelligenza emotiva o meno che sia. Occorre avere una meta ben definita, un obiettivo ben formato prima del MIC.

11 mosse per crearsi un obiettivo ben formato di business

Inoltre, faccio presente a B, ma serve atutti e 4 i miei interlocutori, che non esiste dinamismo commerciale senza un’ossessiva attenzione ai costi. Per questo suggerisco che tutti familiarizzino con gli economics del proprio business.

Avere un conto economico ogni 3/6 mesi è cosa saggia e giusta anche per i business più piccoli, se hanno l’ambizione di svilupparsi.

Prevengo alcune possibili critiche del tipo:” Ma se fatturo 300.000€ all’anno perchè mi devo complicare la vita con un C.E.?”.

Forse è proprio perchè non fai un conto economico che ti permette di pilotare in acque tranquille la tua azienda che fatturi solo 300k, o no?

B mi risponde che il commercialista gli fa il bilancio ogni anno. Ci mancherebbe altro. Ma il bilancio ha fini civilistici e poi, diciamocelo, si presta a manovre di assestamento.

Il conto economico serve come cruscotto di controllo operativo della tua attività nel corso dell’anno e ti permette di valutare gli scostamenti dal tuo budget.

Budget? Sì anche le PMI devono avere un budget se no come misurano se si avvicinano alla meta prefissa, se la raggiungono e a che costo: rimettendoci margine (MOL), o conquistando quota di mercato, ovvero ampliando il numero di clienti?

Sempre il sig. B mi dice che fa il confronto con i dati dell’anno precedente. Operazione che va fatta, certo. Ma è come guidare l’auto guardando nello specchietto retrovisore.

Se in corso d’anno, prevedo di lanciare prodotti nuovi, di ampliare il numero clienti, di aumentare il prezzo medio perchè vendo sistemi e non singoli item, dovrò pur calcolare il loro apporto al mio fatturato e al mio risultati di gestione.

Con B. , e a favore di tutte le altre aziende, chiaririamo come può essere sviluppato un budget semplificato, adatto alle esigenze delle imprese. Logico che non suggerisco strumenti che siano più complessi di ciò che devono misurare.

La pianificazione è un elemento che, pur salvaguardando la flessibilità delle piccole aziende, deve permettere di tracciare una rotta verso l’obiettivo desiderato.

Il budget, col  controllo del Conto Economico, sono due strumenti che devono entrare nella prassi comune dei piccoli imprenditori.

Ringrazio Bruno Editore per il clip qui sopra che suggerisce come implementare un sistema di pianificazione e controllo per le PMI.

Esistono molti modelli sul web. B può scegliere quello che più si adatta alla sua attività.

Il sig.B mi fa presente che di economia non sa niente. Può o seguire un corso on line, o scaricarsi un e-book o forsi aiutare dal commercialista che riclassificherà il bilancio o meglio ancora, per le prime volte può ingaggiare un ingegnere gestionale.

Va vinta la pigrizia di non voler apprendere una materia nuova così vitale per passare da quello che io chiamo “imbocement approach” (improvvisazione+approssimazione) a una gestione più oculata che permette di programmare il proprio sviluppo e non rimanere vittima dei cambiamenti tecnologici e della concorrenza.

Il sig. B. ha una mentalità aperta e pur proveniendo dall’area tecnica ha ora mai interiorizzato che senza creare cose nuove, senza innovare, senza comunicazione web 3.0 , senza mobile marketing e controllo degli economics è destinato a rimanere piccolo.

E piccolo non è bello, ma solo piccolo. Il mio mantra con cui ossessiono i miei clienti.

nanoLa Termoidraulica

Il sig. C si presenta e dopo 5′ minuti non capisco ancora cosa faccia esattamente. So cosa fa una termoidraulica in generale. Ma faccio fatica ad afferrare il vero business di questo giovane imprenditore.

Ci ha seguito sin qui con molta attenzione e partecipazione, ma sento che non è soddisfatto. Neanch’io. Provo a fare domande specifiche per aiutarlo nell’esprimere esattamente quale sia il suo ambito professionale, cosa faccia la sua azienda.

Ecco che C afferma di essere specializzato nella posa di caldaie. Molto orgogliosamente, prendendoci forse un po’ per tardi, ci mostra un clip su una caldaia alimentata a legna.

Il clip è lungo e molto tecnico. Chiedo se l’abbia fatto per gli installatori. La domanda lo sorprende. “No, l’ho fatto per i clienti”. Rilancio, “Chi sono i tuoi clienti?”. “Clienti privati residenziali”. Ah.

Provoco, perche con C si è instaurata un’ eccellente empatia (?), nel clip, C illustra le caratteristiche tecniche della caldaia, il linguaggio utilizzato è da specialisti, e il contenuto solo tecnico, non mette in evidenza i vantaggi per il cliente utilizzatore.

C. mi guarda perplesso, coinvolgendo gli altri imprenditori, riusciamo a portare la sua attenzione sul fatto che nel clip il protagonista è la caldaia non il cliente che manca totalmente.

Il gruppo gli dà dei suggerimenti: mostrare una famiglia felice che si gode il tepore naturale della legna, e altre immagini da “Mulino Bianco”( si può fare di meglio, ma è un passo nella direzione giusta).

Rimango io sbalordito quando C candidamente ci rivela che la caldaia aveva un device collegabile con lo smartphone del/della cliente per poterla accendere/spegnere a distanza e regolare la temperatura, ma l’ha tolto!

C, che è un giovane intelligente, si rende subito conto di essere andato fuori tema: sia nel target, sia nella comunicazione, sia nell’aver disattivato il collegamento al “mobile”.

Il suo tema principale è trovare nuovi clienti, in quanto oggi vende a clienti “storici” e lo strumento che usa per fare prospezione è soprattutto il passa parola. Mmmh.

Siamo un po’ troppo naif. Insieme facciamola lista delle possibili categorie di clienti nuovi: ingegneri progettisti, architetti, amministratori di stabili, comunità, costruttori, istituzioni e nuovi clienti residenziali.

Sono target distinti che vanno approcciati con tecniche e linguaggi diversi. Come faccio a ottenere un appuntamento da un architetto che non mi conosce? C mi risponde:”Inviando una mail”. Bastasse.

Prima di tutto devo attirare l’attenzione e suscitare interesse nel mio interlocutore sia agendo off line che on line.

Per l’off line posso inviare un oggetto simbolo che colpisca il mio interlocutore.

Richiamo a C che un’azienda, mia cliente, ha affrontato con successo lo stesso obiettivo inviando un oggetto che rappresentasse le capacità, le possibilità di personalizzazione di stampi che l’azienda era in grado di fare.

Venne inviato un oggetto realizzato da un artista piuttosto noto a più di 200 fra architetti e responsabili di centri stile in una confezione ben curata che conteneva anche una breve brochure in italiano e inglese che sottolineava il vantaggio base per l’interlocutore: dare libero sfogo alla propria fantasia in quanto con le tecniche di incisione laser in 3D non c’erano limiti alla realizzazione di qualsiasi texture. Omaggio inviato a più di 200 architetti e centri stile da parte di ML EngravingDopo 14 giorni dall’invio, l’azienda attivò un piano di e-mail marketing, fu molto più facile ottenere appuntamenti.

Con C elaboriamo un processo di marketing diretto, bonus per ottenere le mail, prima offerta a prezzo contenuto, gestione dei clienti  e dei non clienti, upgrading dell’offerta ai già clienti e via con tutte le fasi del processo di email marketing.

Quello che volevo che C comprendesse era che l’email marketing è un processo a fasi ben definite, non è l’invio casuale di 1 mail.

Ho mostrato a C numerosi siti che che spiegano tale processo. Sottolineando che, comunque, non si può partire con una campagna di email marketing o di social media senza aver prima definito il proprio posizionamento, ovvero la propria identità unica e irripetibile.

In altre parole è inutile e inefficace comunicare se non si definisce prima la propria posizione distintiva sul mercato.

Questo è il vero punto del sig. C : allargare la gamma ad altre caldaie con diverse alimentazioni o approfondire la gamma di caldaie a legna e diventare l’unica azienda che, in un’area geografica definita, ha la specializzazione di questo tipo di caldaie? Logicamente caldaie collegate allo smartphone del cliente.

Per un amministratore avere sul proprio device mobile la situazione costante dello stato delle caldaie dei diversi condomini amministrati può essere un grande vantaggio per attivare subito un eventuale intervento di riparazione.

Lo stesso vale per il servizio assistenza dell’azienda che va rinforzato col crescere dell’utenza privata e no.

Forse C cercava nel nostro incontro il “come fare”o MIC, secondo il notro sig.B, ma prima occorre il MIN, far lavorare i neuroni per definire l’identità specifica (posizionamento) che vuoi avere sul mercato.

E’ una facile constatazione rilevare come molti piccoli imprenditori sono innamorati dei loro prodotti, e non anche dei propri clienti. La sig.A è un esempio di come la relazione e la valorizzazione del cliente siano importanti.

Oggi il cliente vuole fare un’esperienza memorabile anche quando acquista beni industriali.

Piano piano, troppo piano, questa convinzione sta permeando anche la cultura delle PMI più tecniche.

ACCESSORI PER MOTO

La sig.ra D e il sig. E sono coniugi che gestiscono una PMI che realizza bellissimi accessori per personalizzare le motociclette di una marca americana mitica.

Esportano in molti Paesi d’Europa dove realizzano la maggior parte del fatturato e sono interessati a svilupparsi adottando un diverso business model più flessibile dell’attuale che vede il 60% delle vendite transitare dai grossisti e il 40% dai dealer. Uno degli obiettivi è capovolgere le percentuali. Logico che ne guadagni il MOL (margine operativo lordo) e la fidelizzazione della rete della marca.

Insieme abbiamo dapprima visionato il sito che propone come claim (un tempo si diceva pay off) o tag “Artigiani dell’Esclusiva”. Cosa significa? A me non è chiaro.

Parlandone arriviamo a individuare una pista interessante del tipo “personalizziamo un mito“. Le immagini del sito sono tecniche, le fotografie e i filmati sono professionali. Si vede che c’è una cura e un amore applicato ai pezzi prodotti.

Ma… ma in nessuna immagine c’è il cliente dealer o cliente finale che sia. Non ci sono testimonianze. Il sito è autoreferenziale. Un bel catalogo a immagini che non emoziona, che non è sexy.

Freddo come un’officina meccanica. Ciò nonostante non si può definire brutto, anzi è superiore alla media.

Ma che obiettivo ha? qual è il target? Questo non è chiaro. L’azienda vuole parlare ai grossisti? Allora può andare. Vuole parlare ai dealer? dubbio. Vuole coinvolgere anche i clienti finali? Qui proprio non ci siamo.

Con D&E la discussione si fa interessante su come trasferire nel sito, una volta identificato il target, tutto il mito della marca. E la marca ne ha di cose da dire e da mostrare.

Non dobbiamo nemmeno confonderci col sito di un dealer.

Da tutte le esperienze dirette e indirette fatte oggi è chiaro che anche i beni industriali si acquistano non solo col cervello, ma anche con la pancia.

Ovvero occorre trasmettere emozioni, far compiere  un’esperienza unica e memorabile a chi naviga sul sito e viene contattato con tecniche di web marketing.

Lo sviluppo di questa azienda, concordiamo con i proprietari, sta in un diverso mix di canali di distribuzione, cercando di avere un percentuale più alta di dealer.

Questo significa individuare le aree in cui aumentare la presenza: es. in Germania, sì ma dove? in tutta la Germania (mi sembra prematuro), in Baviera?, in altre aree? quali, come vengono scelte? Probabilmente partendo da dove esistono già dealer che sono forniti da grossisti.

Altro punto è la costituzione di una forza vendita internazionale. Meglio un agente multimandatario o un venditore a libro paga?

Userai le fiere per fare prospezione, metterai un annuncio su Linkedin, lo ruberai alla concorrenza, incaricherai un’agenzia locale di ricerca del personale.

Inoltre, dovrai stabilire a priori il profilo ideale del candidato, ruolo e mansioni. Dovrai adattarti alle consuetudini e norme dei Paesi in cui vuoi entrare direttamente. Oppure pensi di poter gestire la vendita diretta via e.commerce? In azienda, guardandoci negli occhi, siamo pronti a questo passo?

Altro argomento trattato in pratica è il posizionamento dell’azienda: “artigiani dell’esclusiva” , salvo test che non sono stati riportati, non dice nulla, non ti distingue. Ignora completamente il cliente (grossista, dealer o cliente finale che sia).

Un’area che ci piace è “personalizziamo un mito”.

Gli stilemi e i valori della marca mito devono permeare tutta l’attività. La costruzione di accessori, davvero belli, deve andare di pari passo con la creazione di una Cx (esperienza del cliente) riconoscibile, emozionante.

Così tutta la comunicazione off e on line.

In Facebook esistono moltissimi gruppi di appassionati motociclisti di questa marca e, evitando quelli più hard, D ed E potrebbero entrare in contatto con i blogger ( chi cura e gestisce un blog) e convincerli a promozionare i propri accessori nel giusto modo, con i giusti tempi e toni.

Questa tecnica l’ho già stata utilizzata con successo per un ufficio del turismo.

La showroom, ne discutiamo, D & E la vorrebbero come una gioielleria in cui risplendano sotto i faretti a led gli accessori.

Una gioielleria?

Ribatto, ma non sarebbe invece più logico fare una showroom asfaltata come le strade su cui corre questa motocicletta? e l’ambiente non dovrebbe forse essere più post-modern richiamando una vecchia fabbrica con ruote dentate, catene, altri utensili? Il tutto può essere fatto con display.

Costa? Sì costa. E qui torniamo al budget e al C.E.

Anche lo stand in fiera deve trasmettere il posizionamento e riprendere il family feeling della show room e di tutta la comunicazione visiva.

snapshot

Stile Tempi Moderni o, meglio ancora,  Mad Max Fury Road.

I proprietari di questa impresa davvero devono mettere le ali e volare.             La sig.ra D mi confessa che ha paura. Occorre essere audaci per vincere. Occorre essere innovativi e creativi per svilupparsi.

Ricordando sempre che non esiste dinamismo commerciale senza un’ossessiva attenzione ai costi.

Al termine dei nostri incontri, con le 4 aziende coinvolte abbiamo tirato le conclusioni: il mobile marketing sta entrando in testa, ma non sempre viene implementato in modo adeguato e strategico.

L’immaginazione è una skill imprenditoriale più orientata a costruire i prodotti che a trattare i clienti.

Di solito si vende ciò che si produce, invece di fare il contrario.

C’è chi si impegna su un dettaglio di un processo finale, quando non ha ancora chiarito cosa ha in testa. L’orientamento al fare, non vuol sempre dire fare bene.

Nasce la consapevolezza che i limiti fra un’area di business e l’altra saltano e che il sitema si venderà di più del singolo item.

Si lavora molto, ma si inventa poco. La lentezza è un baco molo diffuso.

Come esperto di business coaching efficace, lavorando a stretto contatto con imprenditori, manager e professionisti, mi rendo conto come sovente i limiti fra la mia attività di business coaching efficace e quella di temporary management  siano sottili.

In tante occasioni il committente implicitamente si aspetta che prenda in mano la guida di team o di operazioni.

La consapevolezza del cambiamento non è sufficiente, occorre applicarla concretamente nei processi aziendali e qui si possono incontrare inefficienze, mancanza di competenze, aree di comfort che possono pregiudicare l’obiettivo concordato col cliente.

Io, con tutto il rispetto che ho per gli amici imprenditori, chiudo dicendo che si trascorre molto tempo a migliorare la candela.

Ecco perchè non si inventa la lampadina.

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