Creare una start up di successo: dal business plan al business model

Dal business plan al business model. Il business plan è davvero così importante? A cosa serve veramente? E se ci fosse qualcosa di più utile, addirittura fondamentale, per verificare la tua idea imprenditoriale? In questo articolo, l’ultimo di una serie di tre, su come creare start up di successo, troverai informazioni approfondite, pratiche, dettagliate e assolutamente inedite sul perché e su come redigere il business plan e il business model. Documento, quest’ultimo di cui quasi nessuno, in Italia, parla.
Gli argomenti trattati nell’articolo:
- DEFINIZIONE DI BUSINESS PLAN
- UN’ESPERIENZA PRATICA DI APPLICAZIONE DI BUSINESS PLAN
- LEZIONI APPRESE DA UN CASO PRATICO
- COSA NE PENSANO GLI IMPRENDITORI DELL’UTILITÀ DEL BUSINESS PLAN
- QUANDO, SE E A COSA SERVE UN BUSINESS PLAN
- VANTAGGI E LIMITI DEL BUSINESS PLAN
- ESEMPI PRATICI SELEZIONATI DI BUSINESS PLAN
- COSA È E A COSA SERVE IL BUSINESS MODEL
- VANTAGGI DEL BUSINESS MODEL E DIFFERENZA CON IL BUSINESS PLAN
- STRUTTURA DEL BUSINESS MODEL
- ESEMPI SELEZIONATI DI RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DEL BUSINESS MODEL
- CASO PRATICO SUI VANTAGGI DEL BUSINESS MODEL PER UNA PMI ITALIANA
- CONCLUSIONI
Avete notato come ogni volta che si digitano o citano le parole “start up” immediatamente, come anche negli annunci pubblicitari contestuali dei vari motori di ricerca, saltano fuori in modo quasi automatico le parole “business plan“?
Durante la mia pluridecennale esperienza operativa, sia come manager che come business coach, ho redatto, analizzato e aiutato a scrivere molti business plan.
Mi sono col tempo disaffezionato a questo strumento. È un “oggetto” con un suo status, come i corsi sulla leadership: aiuta a mantenere centinaia di validi consulenti.
Ma tranquilli, vi fornirò comunque una selezione – commentata – di link utili a siti con modelli pronti, per redigere il vostro business plan.
DEFINIZIONE DI BUSINESS PLAN
Secondo la definizione di Wikipedia Il business plan o progetto d’impresa è:
“Una rappresentazione degli obiettivi e del modello di business di un’attività d’impresa. Viene utilizzato sia per la pianificazione e la gestione aziendale che per la comunicazione esterna, in particolare verso potenziali finanziatori o investitori.”
Notate i richiami al modello di business e alla finalità.
Continua Wikipedia:
“Il business plan viene riconosciuto dalla maggior parte delle banche di investimento (non ci si riferisce alle banche italiane che forniscono semplicemente danaro contro garanzie di pari valore).”
Essendo come San Tommaso, ho verificato personalmente con alcune delle principali banche d’investimento italiane se fornissero un modello di business plan alle PMI (piccole e medie aziende).
La risposta è stata negativa.
Ho verificato presso un’importante banca estera e alla medesima domanda mi hanno inviato il loro modello di business plan.
Modello che vi propongo, in seguito, in quanto semplice, esaustivo, veloce da compilare, focalizzato sulla finalità principale che è quella di ottenere finanziamenti.
Vi sarà utile anche per partecipare a bandi di finanziamento di categoria, regionali o sovrannazionali.
Un’ulteriore definizione di business plan ha attirato la mia attenzione. Eccovela:
“Il business plan «simula» il funzionamento reale della vostra impresa, cercando di prevedere cosa accadrà quando l’impresa (o il nuovo prodotto) sarà effettivamente realizzata.”
“Simula”. Appunto: simula delle ipotesi, aggiungo io.
Nessun business plan sopravvive al primo contatto diretto con la realtà (consumatori, canali di vendita, fornitori, generazione di contatti).
“I clienti non si comportano come ho previsto!” è una frase che ho sentito molte volte da chi aveva investito tempo e risorse nella stesura del business plan.
Eppure i corsi organizzati da Camere di Commercio, Associazioni di categoria, Incubatori di start up e su come redigere un business plan abbondano.
I corsi sul web, digitando “corsi business plan” in Google, sono quasi 67.000. Pagine che diventano 219 milioni digitando solo “business plan”.
Ma allora, vi chiederete, serve o no investire tre mesi di tempo per redigere il “mio” business plan?
Sì, se intendete richiedere un finanziamento. Sì, se in esso è contenuto il vostro business model.
Andiamo nel pratico con un esempio reale.
UN’ESPERIENZA PRATICA DI APPLICAZIONE DI BUSINESS PLAN
Un giovane trentenne, laureato in ingegneria gestionale, vuole lanciarsi nel web market proponendo apparecchiature Hi–Fi di altissima qualità. Redige un business plan e mi chiede un parere.
Ovviamente, da buon ingegnere gestionale, il business plan appare perfetto: 60 pagine di analisi e 12 pagine di tabelle excel per gli aspetti economici.
I capitoli coprono tutte le voci standard del caso, sia nella struttura che nei contenuti di un business plan:
- descrizione sintetica del progetto;
- profilo, esperienze e competenze del neo–imprenditore;
- indicazioni sulle dimensioni del mercato potenziale, analisi dei presunti concorrenti, punti di forza e di debolezza (SWOT Analysis);
- elementi di marketing generale e di web 2.0, matrice di posizionamento, valutazione dei prezzi di vendita, ritorni previsti (redemption rates) dalle azioni promozionali;
- fattibilità tecnica del progetto, fonti di approvvigionamento, servizi ai clienti;
- piano di fattibilità economico e finanziario a 3 e 5 anni (!), calcolo del punto di pareggio (Break even point), del ROI (Ritorno sull’investimento), fabbisogno finanziario e coperture, indicazione delle possibili fonti di finanziamento;
- calendario delle azioni.
Un piano completo riassunto poi in 15 slide applicando le ultime versioni di power point. Il tutto confezionato “comme il faut” (trad.: alla perfezione).
Mi balza subito all’occhio che manca il modello di business.
Per non essere troppo diretto, chiedo al cliente di verificare i tassi di redemption rate con almeno altri cinque imprenditori del web–business e di utilizzare sia Google Insights che lo strumento di Adwords per le parole chiave per verificare l’attrattività dell’idea di base e di intervistare alcuni potenziali clienti.
Dopo due settimane scopre che la metà delle ipotesi formulate sono sbagliate. Panico.
LEZIONI APPRESE DA UN CASO PRATICO
Come è andata a finire?
Che ci siamo concentrati sul modello di business (e sul suo test operativo) che ha permesso in modo veloce di ricalibrare il business plan su dati empirici e non su ipotesi.
Vale sempre la regola “meglio sbagliarsi con metodo, che sbagliarsi e basta” perché permette di riaggiustare le fasi che il metodo applicato mette in evidenza.
Un business plan è rigido, statico, un business model è dinamico, flessibile ed empirico.
COSA NE PENSANO GLI IMPRENDITORI DELL’UTILITÀ DEL BUSINESS PLAN
Gli imprenditori, piccoli o grandi che siano, considerano il business plan una volta scritto, come una collezione finale di dati e numeri.
Una volta completato, raramente ho incontrato chi lo tenesse aggiornato. Viene considerato come un exploit, un documento in cui viene riassunto tutto e di più, comprese le convinzioni. È statico.
Invece, un modello di business o business model, ha come principale finalità quella di essere modificato velocemente per raccogliere ciò che si riscontra nel mondo reale parlando con i potenziali clienti. È dinamico.
QUANDO, SE E A COSA SERVE UN BUSINESS PLAN
Quanto scritto più sopra significa che non bisogna redigere un business plan? Il business plan è utile perché forza a considerare tutte le parti del business. Se include il modello di business vi aiuta a pensare come rendere redditizia la vostra iniziativa.
Ma se vi accorgete che nel business plan non ci sono fatti sperimentali testati nella realtà, beh allora non è altro che un bellissimo esercizio di scrittura creativa.
Lezione appresa dalla pratica: test, test, test. Testate la vostra idea di business nel mercato, con i potenziali clienti.
Con più clienti parlerete, più dati di fatto raccoglierete per validare o migliorare la vostra idea. Questa è la cosa più importante.
Da qualche anno è nata la moda del business plan: scuole di management, università, istituzioni… tutte accanitamente concentrate a farvi scrivere il vostro business plan e loro a vendere o proporre corsi in tal senso, on line e off line.
Anche se volete aprire un Bed& Breakfast, un agriturismo, un servizio di limousine con auto usate, un outlet, un centro massaggi, un internet point, un asilo nido, un autolavaggio self–service, un’agenzia immobiliare, un’impresa di pulizie, un centro abbronzatura, un negozio di telefonia, un negozio “compro oro”, un’enoteca, una scuola di ballo, una focacceria, una gelateria artigianale e un web qualcosa vi dicono che dovete avere un business plan!
Redigere un business plan mi pare un ottimo esercizio per un manager, ma un imprenditore o un’imprenditrice devono innanzi tutto cercare opportunità vere. Devono concentrarsi sul mercato e sui clienti.
Quando hanno messo le mani nella realtà e raccolto fatti, li travasano nel business model che non è altro che la corretta interpretazione e rappresentazione delle risposte raccolte. Il processo è evidentemente bottom–up (sono i fatti a determinare le decisioni di business e non le supposizioni).
VANTAGGI E LIMITI DEL BUSINESS PLAN
Parliamoci chiaro, se vuoi far partire il tuo business per ricercare un reddito aggiuntivo o metterti in proprio senza creare una struttura aziendale complessa, molto probabilmente i tuoi finanziatori saranno i tuoi famigliari e i tuoi amici.
Che saranno molto più interessati a capire come funziona nella pratica la tua idea (chi sono i clienti, quali vantaggi proposti sono disposti a pagare, quali sono i canali di distribuzione del tuo prodotto o servizio, perché questo settore di business, perché ora, perché proprio questo prodotto o servizio? Dove e come fate reddito?), piuttosto che a leggere un business plan.
Ritornerò, più avanti in questo articolo, sul business model con esempi pratici, come è mia abitudine.
Se vuoi creare una piccola o media Impresa hi–tech, nel settore del business ecologico (esempio progettazione e installazione di pannelli fotovoltaici), nelle nanotecnologie, nelle applicazioni laser (es. incisioni di stampi), nella biotecnologia, insomma nei settori con vettori di sviluppo veloci e a forte inventiva e innovazione che richiedono sviluppo di brevetti, macchinari, tecnici, strutture fisiche e quindi finanziamenti da banche, ecco una selezione ragionata di business plan.
Ho deciso di proportela dopo che ho verificato che sui siti delle Camere di Commercio e dell’Unione Industriali Provinciali alla digitazione delle parole business Plan non appariva alcunchè
Li ho scelti fra quelli non a pagamento per deontologia professionale.
Poi guardandone la struttura, la completezza e la facilità e velocità di compilazione. In italiano.
Purtroppo i migliori, i più orientati al pragmatismo applicativo sono in inglese.
Certo che ci si può rivolgere a un esperto, o frequentare un corso o acquistare un software on line. Ma come scegliere quello che fa per voi? Come capire se il modello proposto è completo e adatto allo scopo di ottenere finanziamenti?
Sei disposto a investire tempo (almeno un week end) o a spendere intorno ai 1.000 euro per un’assistenza alla compilazione?
E allora prendi in seria considerazione di usare uno dei modelli selezionati e recensiti per te.
ESEMPI PRATICI DI BUSINESS PLAN SELEZIONATI PER TE
Il primo esempio di business plan.
È il modello suggerito da un’importante banca svizzera valido anche per le PMI già avviate in cerca di finanziamenti bancari per sviluppo.
Essendo proposta da una banca, risponde alle esigenze degli istituti di credito. Ogni voce è spiegata.
Propone una versione sintetica e una più ampia. I fattori finanziari, ma non solo, sono illustrati in modo chiaro.
Soprattutto ripropone modelli di business plan già scritti per darvi una guida pratica.
Non preoccuparti se è il modello di una banca svizzera, andrà benissimo anche per una banca italiana. Controlla solo con il tuo commercialista che la parte fiscale e societaria risponda ai requisiti di legge italiani.
Le modifiche da fare sono pochissime. Rispetta le condizioni di applicazione.
Un altro buon esempio di business plan.
Introduce al business plan dando spiegazioni sulla finalità, la struttura, le parti che devono essere presenti. Propone un indice e una sequenza.
Ha dei link specifici alla parte economica/finanziaria che lo completano.
Può essere utile per chi si avvina per la prima volta a un business plan in quanto molto didattico.
Il terzo esempio.
Un po’ prolisso. Ma facile da seguire, non dà però spiegazione delle voci economiche. Inoltre un po’ debole sulla parte “azioni”. Può servire da guida.
Questo quarto è un modello di business plan per un negozio di ottica, da estetista, di un albergo.
Il limite è che non presenta un executive report e le cifre sono in lire. Ma questo non è un dramma.
Peccato che scrivano qui con l’accento sulla i. Il contenuto è valido.
La selezione si è scontrata con decine di siti che all’apparenza offrono modelli di business plan gratuiti. Ma non è così.
Attenzione, per accedere alla finanza agevolata, ci vogliono modelli specifici che di solito l’ente erogatore fornisce o sono ottenibili dall’Agenzia intermediaria.
Come vedi, già la scelta di quale business plan scegliere potrebbere mettere alla prova la tua resilienza.
Non ti nascondo che il mio preferito è il primo.
Per chi vuole aprire una piccola attività in proprio esite un sito che fornisce numerosissimi software a pagamento per ogni tipologia di business plan.
Facile da trovare su Internet, per deontologia non lo segnalo (anche perché non li ho provati).
Tutti i business plan segnalati hanno un limite: non contengono un esplicito modello di business.
Ma cos’è e a cosa serve in pratica il business model?
COSA È E A COSA SERVE IL BUSINESS MODEL
Secondo alcuni il business model moderno è legata alla new economy e il termine entra nella pratica di business nel 2001, interessa in primo luogo le start up dal 2005.
Digitando “business plan” in Google si ottengono 219 milioni di pagine, con “business model” 166 milioni, a indicare che il secondo, molto piu recente del primo, stando alle indicazioni di Google Insights guadagna terreno, interesse e applicazioni.
Tra le aziende che hanno utilizzato questa tecnica si annoverano: McDonald’;s, Toyota, Wal–Mart, Dell Computer, eBay, Amazon, Starbuck e innumerevoli aziende dell’e–commerce. Secondo David Teece:
“L’essenza di un business model è che definisce il modo attraverso il quale l’impresa veicola valore ai consumatori, convince i clienti a pagare per il valore acquisito, e converte quei pagamenti in profitto”
VANTAGGI DEL BUSINESS MODEL E DIFFERENZA CON IL BUSINESS PLAN
In termini pratici il business model ruota intorno al cliente.
Evidenzia ciò che il cliente cerca, come lo può ottenere, quale organizzazione l’azienda deve darsi per fornirglielo, come il cliente riconosce il valore del bene o servizio proposto e quanto è disposto pagare per ottenerlo creando profitto per l’azienda.
La differenza essenziale e in termini partici fra business plan e business model è che:
il business plan serve per ottenere soldi dalle banche o crediti agevolati da Enti e Istituzioni, il business model mostra come ottenere soldi dal cliente finale.
L’uso della tecnologia web, e del web 2.0 in particolare, ha dato grande impulso all’utilizzo del business model, ovunque ci sia la necessità di raggiungere un vasto numero di potenziali clienti al minimo costo contatto/ordine.
Sia le più recente letteratura che le ultime applicazioni pratiche chiariscono come il business modeling sia la rappresentazione grafica e schematica del processo di business che crea valore per il cliente e profitto per la start up.
STRUTTURA DEL BUSINESS MODEL
Ecco uno schema generale a mio avviso valido per ogni tipo di business
Immagine disponibile in questa pagina:
TRADUZIONE E SPIEGAZIONE DEI TERMINI NELLO SCHEMA
- Value Proposition: quale “valore” viene percepito dai clienti (attraverso quali mezzi, strumenti, canali, alternativi rispetto ad altri prodotti e servizi similari o concorrenti)? Per quale bisogno, necessità, problema che sta a cuore ai clienti si vuole proporre una soluzione? Quale prodotto/servizio o gamma dei medesimo prodotti e servizi calibriamo per ogni segmento di consumatori?
- Target Customer: chi, specificatamente, può usufruire e riconoscere il valore che si crea? Customer Relationships: quale tipo di relazione si può stabilire e coltivare nel tempo con ogni segmento di clienti? Come questa relazione diventa cardine e si armonizza col modello nel suo insieme?.
- Distribution Channels: i canali attraverso i quali veicolare, far arrivare ai clienti la proposta di acquisto nel modo più efficace, rapido, facile, meno costoso e innovativo
- Partner Network: chi sono i partner ( tecnologici, commerciali) essenziali per avviare e sviluppare il progetto?
- Value Configuration: quali sono le attività operative – chiave che danno forma e sostanza alla proposta esclusiva di acquisto (es. qualità percepita del prodotto o servizio, qualità percepita del servizio al cliente –velocità di consegna, facilità nei pagamenti, gestione on line dell’help–desk, numero verde per risolvere i problemi,- informazioni aggiornate su disponibilità prodotti)?
- Core Capabilities: quali sono le competenze professionali, personali, fisiche, di tempo e finanziarie necessarie?
- Cost Structure: area che mostra dove si originano i costi, anche senza calcolarli al centesimo. Quali costi sono fissi, quali variabili, quali economie di scala si possono creare e come efficienziarli?
- Revenue Streams: da dove ci si aspetta che arrivino il reddito (non di ricavi, non sempre sono collegati. Dipende dalle politiche di definizione del prezzo e di margine). Sono frutto di incassi dal cliente finale, di royalties da partnership o altro?
Tutti coloro che scrivono e che applicano il business modelling mi sembrano d’;accordo sui contenuti, come riportati nel grafico.
Chiariti quali sono in linea di massima i cardini di un business model, il passo successivo è scegliere la rappresentazione grafica più convincente e adatta all’;uso.
ESEMPI SELEZIONATI DI RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DEL BUSINESS MODEL
Di seguito un link a un sito che mostra decine e decine di raffigurazioni di business model:
http://www.google.it/images?q=business+model&um=1&hl=it&tbs=isch:1&ei=bfE9TKqDNp2KnAevzsHdDg&sa=N&start=100&ndsp=20
Come puoi constatare la rappresentazione grafica mostra come si origina il profitto dell’azienda visualizzando i flussi d’azione fra azienda e cliente e viceversa.
In inglese, (ma le voci sono quasi sempre quelle che prima ti ho spiegato in italiano) ma facilmente comprensibile, i vari esempi si adattano a decine di business piccoli e medi.
Un esempio di business model di grande azienda lo trovate qui:
http://www.plasticsportal.net/wa/plasticsEU~en_GB/function/conversions:/publish/common/plasticsportal_news/docs/2007/07_262_Charts_e.pdf?doc_lang=it_IT
Un altro link utilissimo per chi legge l’inglese è il seguente che spiega sia la teoria del business model che la sua rappresentazione grafica applicata a un vero business nell’e–commerce:
http://www.thetawer.com/wiki/images/archive/c/ca/20090130182257!B._Business_Models_for_Internet_Based_E-Commerce.pdf
Se vuoi cimentarti di persona nel creare lo schema del tuo business model, basta digitare in Google “diagrammi on line” e troverai di che sbizzarrirti.
CASO PRATICO SUI VANTAGGI DEL BUSINESS MODEL PER UNA PMI ITALIANA
Una PMI del settore applicazioni laser, presenta il proprio business plan alle banche selezionate per ottenere finanziamenti.
Vengono ottenuti anche in base al patrimonio immobiliare consistente dei titolari che viene ipotecato (ma allora ha ragione chi ha scritto la definizione di business plan in Wikipedia!).
La tecnologia laser sviluppata in casa non è a punto al 100%. Pertanto la produzione si concentra sulle lavorazioni più semplici e tradizionali.
I ricavi aumentano di anno in anno, ma i margini no.
Suggerisco, interpellato come business coach, di sviluppare il business model della creazione valore dell’azienda e si evince che l’area a maggiori tassi di sviluppo, con i migliori margini è la stesura di texture in 2D e 3D su superfici multidimensionali.
Si verifica con test su clienti potenziali (centri stile, industrial design, product design) questa ipotesi che viene validata.
Si capisce, inoltre, che i margini di redditività sono decisamente maggiori alle incisioni laser tradizionali.
Nel frattempo viene sviluppato un esclusivo sistema di Design Rendering Engeneering che permette solo a questa azienda di poter concretizzare qualsiasi idea creativa partorita da un design e finora non realizzata per limiti tecnologici.
Si fa un ulteriore verifica nel mercato ivisitando e facendo prototipi per alcuni clienti finali importanti.
I test sono positivi.
L’azienda lancia una nuova linea di produzione denominata Touch&Feel specifica per i settori auto motive, calzature, aerospaziale, oggetti di lusso.
Il business model mette in evidenza come l’azienda debba incrementare le risorse sul commerciale e marketing, con particolare attenzione alla comunicazione.
Il business model evidenzia anche un cambiamento nel processo di acquisizione delle commesse: se con la linea di lavorazioni tradizionali le commesse erano in subappalto da creatori di stampi in contatto col cliente finale, con la linea Touch&Feel le commesse arrivano direttamente dal cliente finale.
Sarà poi l’azienda a proporre lo stampista. Ovviamente i margini e la redditività migliorano notevolmente.
Concentrasi sul business model ha permesso a questa azienda di capire dove si generava valore precepibile dal cliente, a definire chi fossero i clienti, a cosa fossero interessati (creazione della linea Touch&Feel), come servirli e soprattutto ad attivare un piano di comunicazione aggressivo verso i target menzionati.
Il tutto con uno stretto controllo dei costi. Il business model è stato compreso da tutto il management dell’azienda.
Si è verificato uno strumento empirico e pratico orientato all’operatività.
Il circolo virtuoso della creazione valore è stato rappresentato utilizzando uno degli esempi riportati nel primo link segnalato e ha richiesto solo tre settimane per essere completato con le evidenze (test) sui potenziali clienti.
Ora l’azienda ha come ambizione di diventare la numero 1 in Europa nel settore.
Tutto questo non c’era nel business plan, che comprendeva solo ipotesi di sviluppo non verificate sul mercato. Infatti nessuno lo utilizzava per la gestione dell’azienda.
Il business model ha permesso di capire come e dove guadagnare e come organizzarsi per ottenere i profitti prefissati.
Il mio motto: pragmatismo col cuore mi spinge sempre a suggerire strumenti utili, pratici, basati su fatti e non su opinioni o convinzioni entusiastiche. Strumenti che siano utili al manager, al professionista e all’imprenditore per capire, in modo rapido e facile come e se è possibile generare valore per il cliente e reddito per sé.
CONCLUSIONI
A quanto pare, scarseggiano in Italia le aziende, le start up, i business che utilizzano il business model, così diffuso all’estero, privilegiando il business plan.
È una lacuna di competenze da colmare. Ricordo in chiusura che il business model è basato sulla verifica nella realtà, con i clienti e nel mercato (test) della tua idea di business e di come fai per guadagnare, cioè come create valore percepito, lo veicolate ai clienti selezionati e come generate profitto.
Il business plan serve per ottenere finanziamenti da banche o Enti.
Si basa su simulazioni teoriche.
È infarcito di numeri che alla prima verifica nel mercato possono sballare.
Termina il proprio compito nel momento in cui lo presenti all’eventuale finanziatore. Non è a mio avviso, uno strumento di gestione operativa del business.
Un buon business plan dovrebbe sempre contenere il business model.
Non è vero il contrario, soprattutto per i business individuali, che si basano sul web o a bassa capitalizzazione.
Come professionista di business coaching efficace da qualche tempo propongo alle start up e alle PMI che seguo di concentrasi sul business model, prima di affrontare, eventualmente, il gravoso impegno di redigere un business plan.
Se sei interessato ad avvalerti della mia consulenza anche solo per specifiche fasi nel processo di creazione della tua start up di successo, ho messo a punto un servizio di business coaching efficace specifico per creare start up di successo a lungo termine.
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