Nella mente dei miliardari, impara dai grandi uomini del business

Ho voluto capire cosa renda un miliardario, un miliardario. Intuitivamente e sommando l’esperienza di clienti vicini alla meta mi sono fatto un’opinione, ma volevo verificarla sia in letteratura che in pratica. Posso dire che la prima cosa è davvero pensare in grande e cioè di diventare miliardari e non “solo” ricchi. Questa è la prima caratteristica dei grandi uomini del business.
Diventare miliardario
Mi sono sempre chiesto perché fra i tanti clienti che ho avuto e ho mai nessuno mi ha chiesto di aiutarlo a diventare miliardario, sì miliardario non milionario. Sarà perchè non essendo io stesso miliardario non sono autorevole, sarà che chi vuole diventare ricco deve avere dei drivers propri e non un coach che gli tiri fuori e potenzi al massimo qualità, skills, istinti psicologici, capacità emozionali, relazionali e comunicative.
So di poter suscitare scetticismo o umorismo in molti con questa mia analisi, essi non costituiscono il target atto a leggere tutto l’articolo. Per cui risparmia tempo e termina qui.
Eppure i miliardari ci sono eccome e sono più di quanti noi pensiamo. Alcuni sono personaggi pubblici, mediatici, altri, io credo i più, sono ignoti alle folle.
Mi sono letto recentemente alcune biografie di “grandi” uomini del business, imprenditori di successo, miliardari noti in tutti il mondo, sia ancora in attività che ritiratisi dall’operatività diretta.
Non ho trovato autobiografie di Agnelli, Berlusconi, Armani (hanno un valore simile di ca. 7,3 – 7,4 miliardi di dollari) Della Valle, Squinzi, Ferrero il vero ricco italiano con ca. 23,2 mia e n. 27 nella classifica di Forbes), Benetton, Falch, Pirelli, Pessina e compagnia cantante.
Forse non vogliono condividere i segreti del loro successo, oppure della loro leadership per timore di rivelarsi. O più semplicemente interpretano il “low profile” come “no profile”.
Dubito che i Ferrero e i del Vecchio non abbiano proprio nulla da passare alle nuove generazioni. Pigrizia? Ma ci sono i ghost writers che scrivono per te. Non credo che i Jacocca, i Welch, i Trump, i Getty si siano messi al p.c.
Nemmeno forse Bill Gates l’uomo più ricco del mondo con ca 79miliardi di dollari, né Warren Buffet, né Carlos Slim, Sergei Brin e Larry Page.
Eppure è tradizione americana condividere le regole del proprio successo. Sono libri che diventano subito best-sellers in un Paese dove la volontà di diventare ricchissimi non è frustrata dal “umor grigio” e un po’ depressivo che attanaglia l’Europa o parte di essa.
Limiti delle autobiografie americane
Il limite delle autobiografie di figure americane sta proprio nel fatto che sono scritte da americani.
Fare l’imprenditore in USA è sicuramente più facile che in Italia. Le leggi sono chiare e semplici, le banche non sono inaccessibili, le università preparano all’intrapresa, a come gestire il denaro, e l’humus in generale è molto più ricco di stimoli tecnologici. I venture capitalist non sono due come in Italia. Così come gli angels sono attenti a cogliere e finanziare start up che hanno un buon business model alla base e giovani ambiziosi, audaci e preparati che pensano in grande.
I vantaggi della mentalità americana
Pensare in grande in USA non è un atto di millanteria o di presunzione. E’ normale.
Certo già le dimensioni del Paese aiutano, la lingua diffusa in tutto il mondo anche.
Ma è il modo di pensare che fa la differenza. Da noi il “piccolo è bello” è ancora imperante (malauguratamente) e chi prova a emergere deve fare i conti con chi c’è già.
Noto anche che molti imprenditori o manager italiani di relativo successo (su scala mondiale) trovano soddisfazioni all’estero più che in Patria esempio, fra tanti è Stefano Pessina a capo della catena di farmaceutici e cosmetici inglese Boots, terzo uomo più ricco d’Italia, con residenza a Montecarlo, e sconosciuto ai più.
Trovo anche che molti ricchissimi siano legati a stili di leadership anni ’80/’90. Perché è in quegli anni che parte di essi hanno fatto il botto. Quasi nessuno, vorrei scrivere nessuno, ha davvero capito la portata della rivoluzione di Internet in termini di connessione e scambio di informazioni. Oltre che di stile di management.
Una questione di mentalità
Ho a che fare giornalmente con imprenditori italiani e internazionale, constato come il loro stile sia davvero ancora web 1.0. La rivoluzione di internet non è ancora entrata nei neuroni.
L’atteggiamento padre-padrone vince ancora, la leadership autoritaria pure. In un contratto che mi è stato sottoposto negli ultimi giorni c’ una frase che mi ha fatto riflettere:” I suoi tempi dovranno adeguarsi a quelli dell’imprenditore sia nei giorni festivi, che nei week end e durante le ferie”. Ambizioso lo sono, ma affamato no.
Dall’altra parte ci sono aziende anglosassoni avanzate che pagano i propri dipendenti affinché durante il week end non si connettano con nessun device elettronico, così che possano godersi la famiglia, lo sport e il tempo libero.
Altre hanno visto crescere in qualità delle decisioni i top manager che staccano almeno 2 ore durante la giornata di lavoro per dedicarsi a pratiche di mindfulness. Qualcosa di più della consapevolezza, in un mondo complesso.
Mindfulness la prossima frontiera
L’anno scorso a Davos per la prima vola aal World Economic Forum si è tenuta una sessione di meditazione di 20′ per dimostrare come la meditazione sia un metodo che predispone, come già ho sostenuto in altro articolo, a prendere decisioni sagge ed efficaci in situazioni complesse.
Ken Wilber è il padre di questa filosofia che ora mai è entrata nelle pratiche di leadership insegnate nei master più avanzati proposti dal club Bilderberg o dalla Trilateral, le due associazioni che raggruppano chi governa il Mondo.
Certo non la trovate nei corsi su internet o in università fuori dall’Ivy League. Ancora roccaforti wasp (white anglosaxon protestant).
Un’altra tendenza è l’apparizione prepotente sulla scena degli imprenditori miliardari di personaggi indiani, cinesi, dell’est europeo. Un altro segnale forte che se il top di gamma è ancora ben saldamente americano (comprendendo il messicano Carlos Slim 3o uomo più ricco al mondo), gli ousiders provengono da est.
Ricchi negli anni ’80/’90
La maggior parte di ricchissimi che scrive autobiografie è diventato miliardario negli anni ’80/’90 e ha consolidato la propria posizione negli anni successivi.
Nelle loro autobiografie, controllate sempre l’anno della prima stampa, non credo dicano proprio tutto. Ma gli americani, in generale sono onesti nel rilevare anche i peccati fatti nel business, anche se magari tacciono sulla gaudenzia della propria vita.
Riporto la frase sentita recentemente di un miliardario italiano: “In qualche modo dobbiamo anche goderceli i soldi”. Certo un calvinista forse sarebbe stato più cauto.
Tralasciando i miliardari del Golfo che sono inaccessibili, i guru del miliardo non sono così difficili da avvicinare, soprattutto se frequenti gli USA e i circoli giusti.
Le “qualità” del miliardario
Come già accennato c’è un minimo comune denominatore in tutte le autobiografie e in tutte le conversazioni: Pensare in grande!
Ma quanti, ti chiedo, lo fanno veramente? Si guardano allo specchio e se lo dicono convinti sino in fondo? Quanti analizzano davvero cosa ciò significhi e comporti? Sei disposto a distinguerti dal 99% del genere umano? L’istinto è una parte essenziale della volontà di diventare ricchissimi. L’avidità non è un vizio capitale, ma una virtù. Occorre che io ti parli chiaro. Così come la tenacia, la determinazione, l’audacia, il mantenere il focus costante sui tuoi obiettivi.
La cattiveria è un altra dote del miliardario. Non esiste pietà nel business. Il nemico, chi ti ostacola, va annientato. Devi essere vendicativo, non edificante ma efficace, con chi ti intralcia o con chi ti ha fatto perdere soldi fraudolentemente, combatti e non lamentarti anche nelle situazioni di crisi. Esse busseranno di sicuro alla tua porta, ma tu devi superare le tue incertezze, non darti per vinto, analizzare realisticamente e brutalmente la situazione e trovare soluzioni creative e innovative a problemi che sembravano insolubili.
Creatività e immaginazione, accompagnate da un sano pragmatismo (compito della logica) prima ti permettono di alzarti sopra le difficoltà e osservarle con prospettiva diversa e poi tornare sulla terra per poi agire con estrema rapidità e determinazione, a costo di non fare prigionieri. Non devi certo trasformarti in un serial killer, ma insomma metaforicamente devi provare un grande gusto a vincere, anzi a stravincere.
L’entusiasmo, il tuo slancio ritrovato farà da propellente e chi osa vince, chi pensa in grande vince in grande.
Liberati delle convenzioni di cui ti hanno riempito negli MBA. Un contratto èbuono se è a tuo innegabile vantaggio, altro che rapporto win-win. Questo va bene per i manager non per chi vuole essere uno dei padroni del mondo. Nelle negoziazioni devi vincere su tutta la linea.
Steve Jobs, a detta di chi l’ha conosciuto e dalle biografie, non era un genio dell’informatica ma era sicuramente un grande entusiasta e grande innovatore. Era anche brutale con i collaboratori. Aveva passione ed entusiasmo in misura straordinaria.
Ha insegnato, cosa che molti imprenditori ancora fanno difficoltà a comprendere, ad uscire dalla propria area di comfort, a confrontarsi col mondo. Pena la sicurezza di rimanere tagliati fuori.
A lavorare sodo per offrire alla comunità, al Mondo, a proposito di pensare in grande, uno strumento che soddisfacesse bisogni espliciti (telefonare) e latenti (connettersi, con tutte le sue derivate). Oggi un Iphone 6 può essere più pericoloso di un AK 47 ho letto recentemente in un saggio. Entusiasmo e visione devono andare oltre l’ovvio.
Elon Musk è un miliardario visionario che ha creato la Tesla auto da alte performance 100% elettrica e navette spaziali che lavorano per la NASA. Un italiano avrebbe mai pensato di costruire missili per la NASA? No, magari qualche eccellente componente.
La vostra attenzione deve concentrasi sulla soluzione (75%), non sul problema (25%). Dopo un’attenta profilazione del problema, concentratevi sulla soluzione. Evitate, a volte è un alibi all’inazione, l’analisi paralisi. A te guidare i collaboratori in questo senso. A te mantenere lo slancio anche in situazioni critiche e molto critiche.
Tenacia, non darti mai per vinto e vincerai.
Solo con questo entusiasmo fuori misura puoi lavorare sodo, senza guardare all’orologio. Abituandoti a dormire 3 o 4 ore per notte (Marchionne, e tanti altri).
Reggere alla fatica, allo stress, al jet lag, alla mancanza di sonno, non è da tutti.
Ci vuole una salute di ferro. Una resilienza eccezionale.
Questo è possibile solo se fate qualcosa che vi riempie di soddisfazione, che vi piace oltremodo, che sentite utile al vostro portafoglio, ma anche all’umanità .
Modelling
Per aiutarti, risponditi a questa domanda: “Chi ammiri oltremisura?”. Prova a modellarlo, a immaginare come pensa, di scoprire quali sono i suoi valori, come agisce, si muove …e FALLO. Copia il suo modo di vestire, di comportarsi.
Scoprirete molte cose. E’ un esercizio che fa parte del mio percorso di leadership in 7 passi, cerca di “sentire cosa sente il tuo modello” e come ci stai tu in quella situazione. Ti senti a tuo agio? Senti quello che senti sensorialmente basato. Ti senti pienamente soddisfatto? Come, dove nel tuo corpo? Come te ne accorgi?
L’età non è un limite per diventare miliardari. Importante è confrontarsi con i propri valori, essere crudelmente onesti con se stessi. Valutare il proprio spirito competitivo, la fame di ricchezza, la voglia d’impegnarsi oltremisura. Perchè i miliardi non piovono dal cielo. Più ti impegni più avrai fortuna. Se pensi di avere le risorse, segui l’istinto, corri il rischio. Vai contro corrente. Lavora duro. Cogli le opportunità.
Ricorda che oggi la “gratificazione istantanea” può essere un business (Amazon), ma anche una trappola psicologica.
I want what I want when I want (voglio ciò che voglio quando voglio) se sei dalla parte dell’utente, ma che può farti fare miliardi se fornisci un servizio che soddisfa questa esigenza. Non deve però essere un tuo valore. Solo lavorando duro e a lungo potrai ottenere una ricchezza grande. Per un candidato miliardario è presuntuoso.
In Azienda
Ricerche e pratica dimostrano che un 5% dei dipendenti fa da sabotatore ai piani dell’azienda, scovali. Un clima inquinato nuoce al clima aziendale e al suo sviluppo.
Assumi solo persone sincere, altrimenti scartale. La lealtà e il lavorare sodo devono essere i due principi di base da verificare in ogni assunzione,
Un leader deve delegare e dare empowerement ai propri collaboratori. Da solo non può fare tutto. Purtroppo chi ha fatto i soldi (tanti) negli anni ’80/’90 pensa ancora di poter accentrare. Purtroppo la tecnologia lo metterà KO. Perché farà una fatica immane a basso valore aggiunto a fare cose che la conoscenza del web 2.0 o 3.0 risolvono in poco tempo.
Ho vissuto un caso fresco fresco, un miliardario fissatosi sulla creazione di un pay-off al logo di un nuovo business internazionale.
Ha tirato matti tutti quelli che gli stavano vicini, chiedendo a destra e a manca contributi (grandissimo errore nella comunicazione, che è un tecnica con regole precise) la soluzione con odesk.com l’avrebbe avuta da copyrighter internazionali in 48h.
Per molti non è facile delegare, non l’hanno mai fatto, non si fidano, Ma oggi si scontrano con la complessità e con l’irruenta evoluzione tecnologica.
Logico che questi personaggi ricchissimi tengono d’occhio i collaboratori. Delega e controlla è una regola sana. Inoltre vogliono essere rispettati e anche temuti.
Non vogliono essere amati. Vogliono disciplina ed efficacia. Peccato che molti collaboratori si spiaccicano contro il muro per paura di commettere errori. Io consiglio ai miei clienti di concedere 1 o 2 errori all’anno in funzione del livello gerarchico dei collaboratori. E di dar loro la possibilità (una) di rimediare all’errore se commesso in buona fede. Occorre dare la possibilità di eccellere in qualsiasi ruolo, solo così ci si sbarazza dal virus della mediocrità.
Ho notato anche che affidare obiettivi troppo tirati (stretched) non motiva, ma blocca.
Comunque delega, ma non fidarti. Questo è il verbo dell’imprenditore miliardario. Io sposo questo concetto. Ne ho visto la validità in un’azienda non più tardi di settimana scorsa. Mi spiego, in un’azienda dove l’approccio mindfulness non avrebbe mai attecchito per storia, cultura, abitudini, mentalità, pratiche.
Mantenere lo slancio
Lo slancio deve essere costantemente alimentato pena l’azzeramento della tua autostima che distruggerà ciò per cui ti sei battuto e hai costruito.
Il primo segnale di allerta è la confusione mentale, ovvero la sensazione di non governare più la barca, di aver perso il controllo, di non sapere cosa succede e di cosa stanno facendo i collaboratori.
Non ammettere mai la sconfitta, altrimenti sarai sconfitto. Analizza freddamente la situazione e poi agisci, solo così potrai superare questa situazione di difficoltà.
Ritrova lo slancio che ti ha già fatto superare ostacoli che apparivano invalicabili.
Solo pochi possono affrontare sfide complesse oggigiorno. Sei consapevole, l’ho scritto all’inizio, che i lavori facili non danno grandi profitti.
Un grande miliardario ha detto che se vuoi il successo devi concentrarti sull’obiettivo senza distrarti mai. La Dea bendata non può durare in eterno quindi sii flessibile e a meno che tu non abbia ereditato una grande fortuna, mantieni alta sempre la guardia. Concentrati e non distrarti mai. Non lasciarti andare ai momenti di scoramento da difficoltà pratiche. Pensa sempre in grande. E sappi che è più difficile rimanere sulla cima che arrivarci.
Pensare in grande
Tutte le grandi realizzazioni che hanno cambiato la nostra vita quotidiana sono nate da qualcuno che ha pensato in grande e l’ha realizzato, facendo enormi guadagni.
Sii ambizioso, prendi qualcosa che davvero può cambiar, migliorandola, la vita di milioni di persone e realizzala.
Mantieni il tuo spirito positivo frequentando persone energetiche, positive, di successo, con immaginazione, che conoscono il mondo e i grandi trend, supera la pigrizia, E se cadi in ginocchio, rialzati con slancio e riprendi la corsa. Tu sei parte del 5% della popolazione.
Ho visto miliardari al lavoro e ritrovo quanto emerge dalle autobiografie degli uomini di successo in testa alle classifiche di Fortune per ricchezza posseduta.
I metodi faranno storcere il naso a qualcuno. Bene, o essi sono della nuova corrente manageriale/imprenditoriale mindfulness, rarissima in Italia a parte alcune imitazioni opportunistiche, oppure i miliardari li hanno visti col binocolo spiandoli sui loro megayacht.
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Ti suggerisco la lettura di questi libri per diventare miliardari
- Growing Wild: How Ten Millionaires Made their Fortunes – Yu Shenghai
- The Power behind Suning Appliance – Cheng Zhiming
- Management Wisdom of the Book of Changes – Zeng Shiqiang