Libri molto utili per aiutarti a sviluppare le capacità necessarie per avere successo (anche) nel business e nella professione.
CREARE UNA START UP DI SUCCESSO: AFFRONTARE E VINCERE LA SFIDA IN MODO ETICO E CON LIETO FINE
César Birotteau, Balzac Honoré de, 2006, Mondadori
Non sono tanto le vicende del protagonista, monsieur Birotteau, a costituire un interessante risvolto dei problemi inerenti lo start up di un’azienda, quanto quelle legate alla figura di un suo commesso, Anselmo Popinot.
Questi, infatti, capisce che il padrone naviga in cattive acque e, invece di abbandonare la nave che affonda, decide di calare la scialuppa di salvataggio su cui salirà lui stesso e la famiglia del padrone.
A questo punto vanno spiegati il perché e il come di questa azione.
Il perché, ossia la motivazione di fondo a tentare da solo l’impresa commerciale, è l’amore che Anselmo prova per Cesarina, la figlia di Birotteau. Quante nuove iniziative commerciali sono prese sulla spinta di emozioni, passioni, entusiasmi?.
Il come è la decisione di servirsi di un’innovazione nella composizione chimica di una sostanza cosmetica, a suo tempo ideata dal padrone, per avviare una produzione su larga scala che, se coronata dal successo, avrebbe permesso di riassestare il tracollo economico dei Birotteau, restituire loro la dignità sociale.
Temi questi che sono sovente alla base della decisione di aprire una start up.
Nella narrazione s’intrecciano sentimenti nobili, la fedeltà, la stima, la con–passione nei confronti del padrone.
Tutti sentimenti che, però, come motivazione avrebbero avuto scarsa efficacia, se non fossero stati sostenuti dalle competenze professionali acquisite da Anselmo nel negozio di profumeria.
Qui ritroviamo il tema delle competenze e delle precedenti esperienze lavorative.
Va aggiunto che anche questi due elementi forse non avrebbero occasione di emergere e maturare senza la disgrazia di Birotteau.
A volte, infatti, è un forte elemento esterno che spinge a iniziare una nuova attività imprenditoriale.
Per Anselmo gli inizi non furono trionfali: apertura di un negozietto buio in un’altrettanto buia via della vecchia Parigi, lavoro duro e rinunce quotidiane, timore di non farcela da solo, ma, d’altro canto, consapevolezza di possedere più fiuto per gli affari di Birotteau.
Qui viene illustrata una situazione molto comune alla fase iniziale di una start up moderna.
Anche questi elementi, comunque, non sarebbero stati sufficienti per il successo della ditta Popinot. Si stava aprendo infatti una nuova era nella società francese degli anni ’30 dell’Ottocento, quella della borghesia imprenditoriale e del suo nuovo modo di concepire il commercio in costante aumento; commercio che andava sostenuto dalla pubblicità, a sua volta diffusa dai giornali, dai rappresentanti di commercio, dai cartelloni pubblicitari.
Riconosco la necessità delle azioni di marketing per promuovere ogni start up. E l’evoluzione dei tempi mi porta a dire che oggi l’uso delle tecniche di web marketing sarebbe stato applicato a questa iniziativa.
Popinot, approfittando di un vecchio debito di riconoscenza, si serve allora del migliore rappresentante presente sulla piazza, e per la pubblicità scritta si allea con un giovane scrittore, garante di testi chiari, incisivi, convincenti. Vi richiama qualcosa di attuale?.
Con questi mezzi la ditta del giovane Popinot avrà successo e lui raggiungerà tutti i suoi scopi: passa onestamente da commesso a imprenditore, i debiti di Birotteau saranno saldati, il sontuoso appartamento, una delle cause del fallimento del profumiere, non sarà venduto.
Un classico della letteratura che riassume molti dei temi che chi vuole aprire una start up deve considerare, affrontare e superare anche oggi.
Se vuoi partire con il piede giusto nella creazione di una start up di successo leggi l’articolo: Creare una start up di successo: da dove iniziare.
LEADERSHIP, LEADER E VISIONARI CHE HANNO CAMBIATO IL MONDO
Steve Jobs. Affamati e folli, Federico Mello, 2011, Aliberti editore
Il best seller degli ultimi mesi e il libro cult è senza dubbio la biografia di Steve Jobs, nelle sue varie edizioni.
Sembra che quasi tutti l’abbiano già letta o la stiano leggendo. Io ho scelto di commentare il libro di Mello perché più agile e sintetico della biografia che va per la maggiore.
Scorrendone le pagine mi viene spontanea una domanda: “Chi ha cambiato di più la vita quotidiana di milioni e milioni, di miliardi di persone: Gandhi, Marx o Steve Jobs & Co?”.
Dove per “&Co” intendo i creatori di Facebook, Twitter, Google, etc.
Forse devono trascorrere alcuni anni per poter dare una risposta definitiva. Che poi definitiva non sarà, in quanto l’evoluzione sociale e tecnologica partorirà fra qualche anno un nuovo leader visionario.
Steve Jobs non ha cambiato solo il modo di accedere e di usufruire delle informazioni, ma ha cambiato le nostre abitudini quotidiane con device tecnologici alla portata di tutti e che si alimentano all’infinito di nuove app.
Ricordo che internet, i social media e gli smartphone hanno svolto un ruolo essenziale anche nella “Primavera Araba”, la prima e–revolution o revolution 2.0.
Forse era proprio questo il sogno, la vision di Steve Jobs: cambiare il mondo trasformando la complessità tecnologica in opportunità, semplificandone l’accesso e l’utilizzo. Un obiettivo che si riallaccia alla sua filosofia di vita da hippy e non da nerd, alle sue esperienze psichedeliche, all’anticonformismo, alla creatività fertile degli anni ’70 della California terra di cambiamenti sociali e innovazioni tecnologiche.
Erano gli anni di Harvey Milk e dei cambiamenti sociali che da lì a breve avrebbero attraversato l’Atlantico. Steve Jobs nasce a San Francisco e cresce nel cuore pulsante della Santa Clara Valley proprio là dove l’invenzione dei personal computer prendeva forma.
Il genius loci era costituito da una densità incredibile di ingegneri, matematici, pionieri dell’elettronica, attratti dalle condizioni di lavoro offerte dagli investimenti militari in ricerca, da aziende come Xerox, dall’università di Stanford e i suoi premi Nobel.
Il libro di Mello mette in risalto e approfondisce l’atmosfera e l’ambiente creativo e aperto alle invenzioni in cui S.J. si è trovato. È la parte del libro che più mi ha interessato. Che fa capire quanto sia fondamentale vivere e studiare in un ambiente stimolante, creatore di novità, anticonformista, visionario, generatore di cambiamento, sensibile ai segnali sottili delle necessità emergenti.
Tenacia e coraggio, focus e visione, oltre a un acume per gli affari, la comunicazione e l’abilità di intrecciare diversi know–how sono le caratteristiche positive del temperamento di Steve Jobs descritte nel libro. E come tutti i geni, il lato oscuro non poteva che essere, a sua volta, fuori dal comune, influenzando sia la sua vita professionale che personale. La vita di S.J. non è stata tutta rosa e fiori.
È caduto e si è rialzato più volte. Con testardaggine, volontà ossessiva e volontà di mettersi in gioco sfidando la cultura dominante, il senso comune e gli inciampi d’affari.
Anche nella lotta contro il cancro dimostrerà tutte le contraddizioni del suo background e le sue convinzioni non ortodosse. Federico Mello ricompone con ordine e precisione l’evoluzione di Steve Jobs, da hippy a capitano dell’azienda con più valore al mondo, cercando di farci capire l’anima del personaggio, i suoi driver e le sue pulsioni.
Oggi è cool citare il famoso epilogo della sua conferenza all’università di Standford tenuto nel 2005 di fronte ai neolaureati: “Stay hungry. Stay foolish”. Tradotto in italiano con “Siate affamati. Siate folli”.
Ma la traduzione corretta è “Rimanete affamati, rimanete folli”. Quindi Steve Jobs sembra essere perfettamente consapevole che affamati non si diventa, né tanto meno folli.
Chissàà che effetto avrebbero avuto le sue parole, ideate da Stewart Brand per l’ultimo numero della sua rivista The whole Earth catalog nel 1974, in una paludata università italiana, con studenti che affamati non sono e che vogliono diventare commercialisti di grido e danarosi o quanto meno lavorare in banche d’affari.
Quanti affamati e quanti folli si nascondono fra i nostri studenti? Quanti hanno un sogno da realizzare e quanti il coraggio di andare contro le convenzioni? Quanti vogliono cambiare il mondo, andare oltre l’ovvio?
Cuore e fegato non sembrano abbondare. L’esempio di Steve Jobs non è per tutti, anzi è per quei pochissimi che sono disposti a giocarsi tutto pur di non farsi intrappolare dai dogmi e dal conformismo puntando allo sviluppo del proprio sé e delle proprie intuizioni per diventare ciò che vogliono essere (da cui ricaveranno l’avere) per davvero.
Troppi giovani, e non solo, sono affetti dalla LOPS (Lack Of Perspectives Syndrome: trad. Sindrome da mancanza di prospettive) che li tiene inchiodati nello stallo in quanto incapaci di elaborare prospettive diverse, punti di vista originali nel terrore di perdere quel poco o tanto (che è sempre poco) che hanno.
Chissà quante persone in questo periodo vi hanno menzionato le parole di S. Jobs come sprone al fare. Già, menzionato… Dove sono le Stanford, le Berkley e le Harvard italiane generatrici di leader del cambiamento, della semplificazione della nostra vita quotidiana?
Dove sono i leader capaci di agire in un contesto globale, conoscitori della complessità, di come interpretarla e utilizzarla e di diventare creatori di “forme” nuove? Dov’è la cultura della crescita, dell’inventiva, del pensare in grande in un contesto dove piccolo è bello?
Dove ai master si insegna a fare l’imprenditore con i soldi altrui? Dove in modo neoplatonico si cerca di razionalizzare tutto, di modellizzare ogni evento, dimenticando che esiste sempre un “cigno nero” (un evento potente poco probabile) che può buttare all’aria ogni sofisticata analisi basata su dati storici?
Dove la capacità di reazione di fronte a eventi non noti non viene esercitata?
Dove la pubblicità della nuova Panda ci spinge a riconoscere che “Questa è l’Italia che piace”. Ma a chi? Lo dico con tutto il rispetto dei progettisti, dei commerciali e della rete Fiat.
L’Italia è come la Panda? Piccolo è bello come sempre. Un paradigma che si perpetua. Difficile da scalzare. Chissà se Steve Jobs, in una scelta immaginaria, avrebbe preferito guidare una Fiat Panda o una Tesla Roadster?
Un libro da leggere con spirito critico, Steve Jobs. Affamati e Folli, capendone il significato profondo, che non è scontato, senza ritenere solo lo slogan di cui molti si riempiono la bocca senza afferrarne il vero significato.
Alessandro Magno, Gehrke Hans-Joachim, 2002, Il Mulino
Pur esistendo migliaia di libri sulla leadership nessuno è stato scritto da un vero leader nell’accezione che io dò a questa, a volte abusata, parola.
Consiglio questo breve saggio, che si legge in modo scorrevole come un romanzo, perché dalle gesta di un grande conquistatore, condottiero e amministratore di un vasto impero si possono imparare dai fatti, cosa fare e cosa evitare per esercitare con successo una leadership riconosciuta.
Quale è stata la formazione di Alessandro Il Grande? Cosa significava “essere sempre il migliore e superare gli altri”? Come ha gestito il passaggio di potere dal padre?
Cosa lo ha spinto a conquistare mezzo mondo? Come si è preparato? E come si è assicurato la pace e l’alleanza delle città greche? Come era organizzato il suo esercito? Quale era il rapporto tra strategia e tattica? Come conduceva i piani di battaglia? perché dava un’enorme importanza alla logistica e alla protezione dei collegamenti con la Madre Patria? Quali erano le operazioni di battaglia di successo che applicava? Come sceglieva i suoi generali e che ruolo giocavano i suoi compagni d’arme? Come usava la delega? Come trattava i nemici conquistati? Come amministrava i territori occupati? Come si rapportvava con usi, mentalità, rituali e costumi diversi da quelli greci?
Come motivava e trascinava con entusiasmo migliaia di uomini al suo seguito al raggiungimento di un obiettivo ambizioso? Come si rapportava con la truppa? Come superava i momenti di crisi operativa o di sconforto personale? E lo stress, la fatica? perché andò attraversando il deserto egiziano tra mille difficoltà sino all’oasi di Siwa e cosa chiese all’oracolo di Ammon? perché prestava particolarmente attenzione ai simboli, agli eroi epici, ai riti di buon auspicio e alla celebrazione delle vittorie? Che valore dava all’etica? Egocrazia o governo partecipato, nella gestione del potere? Cosa significavano per Alessandro il Grande l’eccellenza e il successo? Come si metteva in gioco personalmente? Come prendeva le decisioni? E cosa successe al suo vasto impero dopo la prematura morte a 33 anni? perché lo si ricorda anche oggi?.
Se vi soffermate un attimo, troverete in queste le domande fondamentali che anche un vero leader moderno deve porsi. Ad esempio: come mi insedio nel nuovo ruolo di amministratore delegato? Come si conquista con successo un nuovo mercato? Come evito i sabotaggi alle spalle? Come motivo i dirigenti in un periodo di crisi? Come tratto gli avversari? Ecc.
Il libro dà molte risposte attuali e, soprattutto, applicabili oggi per far fronte con successo alle sfide di una monarchia universale, pardon, di un mercato universale, di un business globale.
Assolutamente consigliato a chi aspira a diventare un leader. Un vero leader.
IL BUSINESS (E LA MENTALITÀ) DI SUCCESSO AI TEMPI DEL WEB 2.0
L’onda anomala, Charlene Li, Josh Bernoff, 2008, Etas, editore originale: Harvard Business Press
Indispensabile. A meno che non abbiate deciso di andare in pensione nei prossimi sei mesi o vi facciate stampare dalla segretaria le email da leggere.
Questo testo organizza in modo sistemico la trasformazione in atto del rapporto fra clienti e aziende.
L’onda anomala è quella dei consumatori che cambiano le regole del marketing, pretendono di interagire con le imprese, di influenzare le loro decisioni, di criticare brand, prodotti e servizi, di consigliare altri clienti, raccomandando questo o quel prodotto, magari a vostra insaputa e ai vostri danni.
Come devono agire le aziende per interagire con i clienti “ribelli” e non rischiare la reputazione o, peggio, veder spazzati via dal mercato i propri prodotti?
Quali sono le migliori strategie da adottare? Come si deve procedere per sfruttare in modo efficace i nuovi mezzi di comunicazione che il web 2.0 propone e trasformarli in un vantaggio competitivo?
Il libro, ricchissimo di esempi preziosi tratti dalla realtà aziendale, ha il grande merito di chiarire in modo semplice ed efficace cos’è il web 2.0 di cui si parla molto, ma di cui pochi riescono a definire i contorni e i contenuti in modo preciso, completo e comprensibile, come fanno, invece, i due autori.
Bernoff e Li, senza disperdersi in dettagli tecnicii, riescono così a trasferire al lettore, manager o imprenditore che sia, la grammatica delle nuove frontiere della Rete.
Danno spunti di riflessione e consigli da applicare nella pratica operativa, con grande spirito etico e senza nascondere i problemi.
C’è, da parte dei manager, la paura di abdicare al controllo del brand lasciandolo in mano ai clienti.
C’è il timore di dover ascoltare le critiche dei clienti (e di farvi fronte!).
Soprattutto si percepisce uno spostamento di potere in azienda.
La funzione che avrà in mano la voce del cliente assumerà una rilevanza capace di sovvertire gerarchie consolidate.
Leggendo e rileggendo questo libro mi sono accorto che stavo apprendendo una nuova materia, “interagire e collaborare con i clienti ribelli”, e come tale va trattata.
Perché affermo che è una nuova materia? Perché le regole, gli strumenti, i sistemi di gestione, l’operatività non rientrano, a mio avviso, in alcuna delle discipline che abbiamo studiato e praticato per anni.
Soprattutto la mentalità che occorre acquisire è nuova. Quando ho letto il libro la prima volta ho capito che dovevo avere umiltà e pazienza, tempo e applicazione.
Capire, conoscere e usare le potenzialità del web 2.0 non è intuibile, non si apprende solo con la pratica, non si può delegare ad altri.
Fare tentativi non strutturati può far incorrere in errori madornali e irreparabili per la propria reputazione.
Le imprese non possono permetterselo.
Molte volte ho sentito da manager e imprenditori la richiesta: “Dobbiamo fare qualcosa con il web 2.0”. Già, ma cosa? Da dove si parte? Io metto sempre in guardia dal lasciarsi attrarre dal webmaster che propone di creare un forum e che ha solo un approccio tecnologico.
Il libro mette in luce questi tranelli e propone un approccio strategico a 360 gradi. Suggerisce di muoversi all’inizio con attenzione e con test su aree (prodotti, brand, servizi) non vitali per l’impresa.
Gli esempi che gli affermati autori riportano riguardano grandi aziende mass market (esiste ancora?) come P&G, Unilever, Dell, Lego, Carnival Cruise Line ma anche di microaziende e start up che agiscono o agiranno in nicchie di mercato (eccezionale il caso di un piccolo produttore di vino, che sfruttando l’onda anomala non è più tanto piccolo).
Questa è la risposta vera alla domanda: ”Il web 2.0 riguarda anche la mia azienda?”
Vengono onestamente riportati anche casi di insuccesso e, soprattutto, viene spiegato il perché e come potevano essere evitati. Vi si sottolinea l’importanza della partecipazione di tutto il management e la nomina di un influente tutor del progetto.
Apprendere cos’è e come si gestisce l’onda anomala aiuta l’innovazione, il cambiamento di mentalità.
Occorre interiorizzarne la filosofia affinché le imprese possano usare le enormi potenzialità del web 2.0 con successo e soddisfazione per i propri bilanci e per i propri clienti.
Un libro da leggere, da tenere sulla scrivania, da consultare come un manuale.
Un ottimo complemento al libro è l’articolo Cosa dicono di me? Scoprire la propria web reputation.
SAGGEZZA E NUOVI PUNTI DI VISTA
Il Cigno nero di Nassim Nicholas Taleb, 2007, Il Saggiatore
Il Cigno Nero, un must. Un saggio che tutti gli imprenditori e i manager devono leggere e farne tesoro. Un libro che richiede una lettura attenta e non veloce perchè ricco di riflessioni, casi pratici che smontano le consuetudini e le abitudini di prevedere il futuro, e qui mi riferisco pragmaticamente anche ai piani di sviluppo aziendale, riferendosi solo a proiezioni di seriazioni storiche, di prassi consolidate dall’esperienza e dalla ripetizione.
“Si poteva prevedere il successo di Google? E l’11 Settembre?” si chiede l’autore. Si potevano prevedere gli effetti delle abbondanti nevicate dell’inverno 2012? E il naufragio della nave Concordia? Aggiungo io.
Ci concentriamo su ciò che già ci è noto. Trascuriamo ciò che non conosciamo. Non esercitiamo il talento legato alla reattività di fronte a eventi non noti. Sia che si tratti degli andamenti finanziari, che di fatti della vita quotidiana.
Sovente guardiamo, ma non vediamo perché ancorati a “forme” note e riconoscibili. Eppure l’evento + lì sotto i nostri occhi. Ma abbiamo la tendenza a non cambiare opinione. Le idee sono di nostra proprietà e quindi difficilmente ce ne sbarazziamo, dice l’autore.
L’imprevisto è dietro l’angolo. Succederà.
Oggi constatiamo come eventi poco probabili si manifestino con una frequenza più elevata, vedi i problemi idrogeologici che affliggono sempre di più il nostro Paese e non solo. N. Taleb procede nelle pagine del suo saggio a smottare le nostre convinzioni autolimitanti, i razionalismi a cose fatte.
Una frase di Yogi Berra, coach di baseball, e riportata nel saggio, mi ha colpito molto: “Il futuro non è più quello di una volta”. Io insisto molto con i manager e gli imprenditori a tralasciare il Sistema 1, euristico e sperimentale, per prendere sagge decisioni.
Molto più efficace allenarsi a individuare la differenza tra il sensazionale e l’empirico. Ma quanta fatica per convincere che le soluzioni adottate nel passato non funzionano più in un mondo dove l’altamente improbabile governa i nostri business e le nostre vite.
Taleb va oltre la teoria degli scenari plausibili, si concentra sull’altamente improbabile, nuova teoria e pratica di decision taking che non possiamo più ignorare. Quanti eroi fasulli balzano all’attenzione della cronaca per essere intervenuti dopo un evento drammatico. Ma quante persone ignote ai più lavorano per evitare situazioni problematiche?
Certo è più facile affermare: “Guardate cosa ho fatto” piuttosto che “Guardate cosa vi ho evitato”. C’è poco spazio nella nostra cultura d’impresa per chi non dà risultati visibili, ma si concentrano di più sui processi per assicurare risultati duraturi.
Nelle aziende, nelle PMI è tipico premiare chi ha portato una manciata di nuovi clienti, meno chi ha creato un processo per gestire con efficienza i canali di vendita o l’assistenza post–vendita.
Chi dice di apprezzare di più i processi, dice una mezza verità.
È umano. Così come è umano fornire spiegazioni, elaborare una ragione, una catena causa–effetto che molte volte, il più delle volte, viene smentita entro 24 ore. Vedi tutta la sarabanda di razionalizzazioni sull’andamento dello spread bot–bund.
Infatti è difficile prevedere in base alle informazioni del passato. Non me ne vogliano i quant e gli economisti quantitativi. Ma la storia non striscia, compie salti.
Così come le aziende si sviluppano per salti dovuti all’inventiva, al genio, alla progettazione più che alla realizzazione. Nike, Apple, Dell, etc, vengono remunerate perché pensano, creano, progettano, ampliano il know how. Hanno idee. Il lavoro di routine (il know what) viene lasciato a fabbriche in subappalto del terzo mondo e la parte tecnica a ingegneri in stati acculturati con forte istruzione matematica.
Ma molte aziende, molti imprenditori sono ancora fermi al falso mito del successo: 1% ispirazione, 99% traspirazione. Il profitto oggi è generato dai creatori di idee e, come sappiamo, la fortuna aiuta gli audaci.
Un libro ricchissimo di riflessioni che alimenta l’intelligenza, ci migliora nella professione e nel vivere. Mandate a quel Paese il destino, dice Taleb. Se è una scelta consapevole, vivremo più liberi e felici.
Il saggio termina invitando a dare la giusta rilevanza ai fatti della vita. “Il solo fatto di essere vivi (su questo piccolo pianeta) rappresenta una grande fortuna, un evento remoto, un caso fortuito di proporzioni enormi.” Ricordiamocelo quando al bar ci arrabbiamo perché ci servono un caffè freddo.
Questi brevi estratti del saggio di N. Taleb e i miei commenti vogliono solo spingervi a studiarlo, non solo a leggerlo. L’autore studia i processi di fortuna, incertezza, probabilità e conoscenza. Saggista, filosofo, operatore di borsa, Taleb insegna Scienza dell’Incertezza in USA.
La rivista Fortune ha definito Il Cigno Nero “Uno dei libri più intelligenti di tutti i tempi”. Non posso che essere d’accordo.
Che coincidenza, mentre scrivo, ricevo questa email di Stuart Thompson (Ignis Asset management): “Il 2012 sarà l’anno del Dragone: l’unico animale mitico nello zodiaco cinese. È simbolo di potere, ma porta con sé incertezza e cambiamento. Per alcuni potrebbe essere un cambiamento catastrofico, ma non crediamo sia utile fomentare le storielle Maya sulla fine del mondo”. Secondo voi, Stuart ha letto o no Il Cigno Nero?
Il potere dell’intenzione di Wayne W. Dyer, ed. Corbaccio
Per Dyer, notissimo psicologo americano, l’intenzione è una forza nell’universo che permette all’atto del creare di avvenire, e ogni cosa e ogni persona è connessa a questa forza invisibile: “Qualunque cosa venga concepita dalla nostra mente – se ci manteniamo in armonia con la Sorgente universale e creatrice – può e deve essere realizzata.”
Dyer supera la nozione classica di intenzione come vettore pragmatico di motivazione e di cambiamento, per considerarla come fonte di crescita spirituale, negando l’ego e privilegiando lo spirito. Intenzione come sorgente da cui sgorga la vita, il mondo.
Non a caso anche Goleman parla della terza intelligenza, ovvero dell’intelligenza spirituale.
Allineandosi con questa forza creatrice si può arrivare all’armonia dentro e fuori di noi. Una grande conquista che è anche il fine ultimo ed etico del coaching.
Un libro per molti, ma non per tutti. I fortunati che ne condivideranno i principi e li attueranno sono destinati al vero successo.
Elogio dell’ozio di Bertrand Russel, ed. Longanesi
Il grande pensatore britannico scardina la convinzione che “L’ozio è il padre di tutti i vizi”, anzi, sostiene che sia uno stato fisico–mentale naturale dell’uomo.
Le sue critiche alle due grandi ideologie del secolo scorso comunismo e capitalismo ci fanno capire come esse siano categorie che già nel momento della stesura del libro avevano in sé i germi della decadenza. E se il comunismo classico è defunto, anche il capitalismo non è in buona salute.
L’afflato libertario dell’autore trova un’involontaria corrispondenza con fatti di attualità che hanno sconvolto la sponda sud del Mediterraneo e che agitano i giovani (e non solo) in tutto il mondo.
“Il mondo soffre per colpa dell’intolleranza e del bigottismo, e per l’errata convinzione che ogni azione energica sia lodevole anche se male indirizzata; mentre la nostra società moderna, così complessa, ha bisogno di riflettere con calma,di mettere in discussione i dogmi e di esaminare i più disparati punti di vista con grande larghezza di idee“(Bertrand Russell 1872–1970).”
Molto piacevole nello stile, si legge d’un fiato.
Il piacere di pensare. Conversazione con Silvia Ronchey, Silvia Ronchey e James Hillman, Bur Biblioteca Univ. Rizzoli
Il grande e controverso psico–filosofo americano celebra “i piaceri del pensiero, la passione delle idee, l’erotismo della mente”.
Stimolato dalla bravissima Silvia Ronchey, Hillman propone i cardini del suo pensiero: l’Anima del mondo che trascende l’individualità (i riferimenti a Jung sono evidenti), il Daimon che ci guida a diventare ciò che siamo, la depressione come esigenza di cambiamento e di ribellione al conformismo, la Bellezza e la Giustizia come scopi primari della politica, che altrimenti diventa “diabolica”.
Il libro è un vademecum che aiuta a cercare e trovare le risposte alle domande chiave della vita.
Riporto la dedica che una cara persona ha scritto sul frontespizio della mia copia: “La gentilezza nel parlare, crea fiducia. La gentilezza nel pensare, crea profondità. La gentilezza nel donare, crea amore”.
Il Cammino dell’Uomo di Martin Buber, ed. Qiqajon–Comunità di Bose
Un libricino di 67 pagine che Hermann Hesse ha definito “dono così prezioso e inesauribile”. Da leggere e rileggere, da tenere a portata di mano e da centellinare pagina per pagina in quanto “autentico capolavoro in miniatura”.
Lo consiglio perché parla al cuore con un linguaggio che supera tempi e situazioni per invitarci a compiere i primi passi verso il nostro vero sé.
Solo chi intraprende fiducioso il cammino del proprio sviluppo personale arriva a scoprire quanta saggezza esiste in noi. Saggezza che va liberata dalle convinzioni limitanti e dalle etichette che altri ci hanno appiccicato così da liberare tutte le energie e le risorse personali.
Arrivare al punto di dire a noi stessi “Sono D.O.C.” prefigura la nostra capacità di essere originali, autentici in ogni situazione. Chi occupa o desidera occupare posizioni di responsabilità sa che non può disperdere energie nel continuare a recitare, a portare maschere.
Un dispendio energetico che va a discapito dell’eccellenza, della performance duratura.
Scoprire la vera vocazione dentro di noi permette di capire la svolta che ci attende e, soprattutto,volerla e agirla per riprendere in mano la propria vita con soddisfazione superando ansia, stress, paura del cambiamento.
Martin Buber ci fa riflettere e, piacevolemnte per stile e contenuto, diventa un amico saggio che ci dà una mano a essere più felici.
MEDITAZIONE PER LA SERENITÀ, L’EQUILIBRIO E L’ARMONIA
Impara a Meditare di Maneesha James, 2006, Macro Edizioni
Mi è capitato pochi giorni fa di riprendere in mano questo libro di 171 pagine mentre tentavo di fare un po’ d’ordine nella mia biblioteca.
L’ho aperto per caso e sul frontespizio ho trovato questa dedica
:
“A Giulio da Giacomo, con augurio che tu possa riscoprire la tua immortalità!”.
Un messaggio così denso che mi ha spinto a rileggere questo libro.
perché lo consiglio?
Per dedicare un po’ di tempo a noi stessi, alla nostra vita interiore e recuperare il senso di equilibrio tra la vita “fuori” e la nostra parte intima che dà un senso alla vita.
L’autrice chiarisce in modo semplice e pratico cos’è la meditazione e cosa non è.
Presenta oltre sessanta tecniche di meditazione fra cui poter scegliere quella più adatta alle singole esigenze. Spiega gli esercizi da compiere la mattina, o la sera, per il lavoro, per il tempo libero.
L’obiettivo è far comprendere il potere della pratica della meditazione per affronare lo stress e le ansie della vita moderna, per staccare dalla frenesia del quotidiano, per liberarci da pensieri ossessivi, per recuperare e andare verso l’armonia e l’equilibrio nella nostra esistenza.
La meditazione è la via che ci porta verso una capacità forte di mediare col mondo di fuori che sia costituito da avvenimenti, colleghi, famigliari, partner.
Quando stiamo bene con noi stessi, perché siamo consapevoli di avere strumenti che ci permettono di godere appieno della felicità e di ridimensionare le paure, siamo più efficaci nel prendere sagge decisioni e attuare i giusti comportamenti.
Non significa diventare “buonisti”, ma più saggi sì.
“Quieta–mente” possiamo affrontare il fuori, certi di avere sempre un rifugio bellissimo dentro di noi.
Medita–azione, non significa diventare passivi di fronte alla vita ma, come già detto, pensare e agire, pensare–agire, fino a che con l’esercizio agiremo subito, in velocità, con grandi vantaggi anche nel lavoro e nella vita sociale.
Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister, Goethe J. Wolfgang, 2006, Adelphi
Il protagonista attraversa varie esperienze ricercate un percorso esperienze ricercate e casuali che lo portano a formarsi una personalità armoniosa, centrata, a diventare un uomo completo, felice della propria esistenza.
Una storia comune, Goncarov Ivan, 1996, Fazi
“Si può imparare a vivere? Evita qualsiasi frenesia, lascia che i tuoi giudizi smascherino la stupidità. Ridi, ma senza fretta…”
La ruota del tempo, Castaneda Carlos, 2007, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli
Un viaggio nella saggezza antica degli sciamani del Messico che comprendevano i processi che regolano la vita, la morte, l’universo e l’energia. Sono citazioni di eccezionale potenza che aiutano a scoprire i nostri pensieri più reconditi, col pieno rispetto del proprio sè.
Lo Zen e l’Arte Aziendale, Vahn Rhopa, Lupetti
Attraverso metafore e brevi storie che arrivano al punto, rende una ritrovata libertà all’azienda e con ironia ne sottolinea le contraddizioni interne di sistema. Autenticità e creatività di spirito sono valori alla base di chi lavora in un’organizzazione. Lo zen aiuta a superare inibizioni che frenano l’anelito naturale alla conquista interiore, di cui il successo è solo una conseguenza. Il fine è sviluppare l’autoconsapevolezza e vivere e lavorare felici.
Massime, La Rochefoucauld François de, 2000, Marsilio
“Siamo tanto abituati a camuffarci di fronte agli altri che finiamo per camuffarci anche di fronte a noi stessi”. (Massima n. 119)
DIVERSITY MANAGEMENT
Gestire i colori della diversità: diversity management e imprese arcobaleno (PDF, 207 pag., 1,30MB), dr.ssa Valentina Carmignano
La tesi della giovane dottoressa Carmignano è un vero e proprio saggio di management. Lo segnalo in quanto ritengo che sia il lavoro più completo oggi disponibile in italiano sul Diversity Management con un focus dettagliato e concreto sul nostro Paese.
L’autrice analizza le evoluzioni demografiche, sociali ed economiche che sono alla base dell’arrivo anche in Italia del Diversity Management; una realtà ora mai affermata nei Paesi che hanno aziende internazionali e che operano in senso globale sia socialmente che nei perimetri geografici del business.
Le migliori aziende riportate dalla lista di Fortune per performance di reddito, di ROE (return on equity) e di fatturato applicano tutte tecniche di gestione delle diversità ottenendone in cambio un clima aziendale positivo che attrae e trattiene talenti per affermarsi in un mondo in costante cambiamento e multiforme.
Nella mission di queste aziende eccellenti viene dichiarato a chiare lettere che ogni diversità (di genere, razza, lingua, religione, background culturale, di preferenza sessuale, etc.) è accolta senza discriminazioni.
Il saggio si sofferma con numerosi esempi pratici di casa nostra nell’evidenziare quali applicazioni operative di D.M. oggi le aziende italiane mettono in atto. Vengono ripresi casi concreti con il conseguente sviluppo sia di innovazione che di fatturato.
Il manager e l’imprenditore di successo si sta abituando a gestire le diversità come risorsa preziosa dell’azienda. Oltre che dare dimostrazione di esercitare una leadership operativa multiculturale.
I benefici concreti sono molteplici e il saggio li mette in evidenza. Anche se non sottace una certa tendenza di molte aziende ad applicare la politica, ormai superata anche là dove è nata (U.S.), del “don’t tell, don’t ask”, invece che una chiara dichiarazione di accoglienza di tutte le diversità.
Leggendo i molteplici casi concreti riportati ci si rende conto di come in Italia esistano ancora zone d’ombra, quasi che esista una ritrosia un po’ provinciale in molte imprese ed enti ad allinearsi con i concorrenti internazionali.
Il saggio non trascura il punto di vista dei lavoratori, mettendo in risalto come, sovente, siano i primi a non stimolare l’Amministratrore Delegato o l’Imprenditore a muoversi nell’applicazione delle regole del Diversity management.
Le contraddizioni nella realtà sono molte, ma una cosa è certa: il business non può permettersi di trascurare queste risorse, pena una performance non eccellente di risorse che non possono esprimersi al meglio.
La ricca bibliografia permette al lettore di approfondire tematiche specifiche.
Consiglio la lettura di questa tesi/saggio, che merita di essere pubblicata in una collana di management, a responsabili delle risorse umane, manager, imprenditori, business coach, centri studi, associazioni di categoria e a chi occupa cariche pubbliche in istituzioni che possano velocizzare la diffusione del Diversity Management.
Un obiettivo culturale, sociale e, certamente, di sviluppo economico.
Un saggio da far circolare.
L’ETICA DELL’INVENZIONE
Uova fatali, Bulgakov Michail, 2003, Passigli
ll prof. Persikov inventa un raggio “rosso” che ha il potere di accelerare lo sviluppo delle cellule. Le autorità governative sovietiche ne vengono a conoscenza e intendono sfruttare il raggio nel settore dell’avicoltura per ovviare alla penuria alimentare. Per un errore una cassa di uova di gallina viene sostituita da una cassa di uova di rettile che viene posta sotto il raggio. Ne nasceranno mostri che porteranno terrore e morte a Mosca; verranno sterminati solo da una provvidenziale quanto improbabile ondata di gelo nel mese di agosto.
In estrema sintesi: gli esiti delle invenzioni e scoperte scientifiche, quando cadono nelle mani del potere incontrollato, possono essere fatali. Ovvero l’etica dell’invenzione che deve essere sempre diretta a migliorare la qualità della vita umana, senza compromessi.
Cuore di cane, Bulgakov Michail, 2008, Newton Compton
Il prof. Preobraženskij (cognome etimologicamente collegato alla trasfigurazione) ha impiantato in un cane randagio il cervello e le ghiandole genitali di un mendicante morto per strada. Col passare del tempo il cane comincia ad assumere tratti sempre meno canini e sempre più umani, fino a trasformarsi definitivamente in un uomo. Tuttavia questi ha assunto i tratti peggiori del suo “donatore”, beve, dice volgarità, si allea con gli attivisti bolscevichi contro Preobraženskij, si dichiara in fine “elemento proletario”. Il professore decide di asportargli gli attributi umani e di farlo tornare allo stato canino.
In estrema sintesi: le invenzioni e le scoperte scientifiche, anche se ispirate alle migliori intenzioni, possono avere conseguenze negative se applicate in un contesto sociale non predisposto.
IMPARARE A PENSARE LA COMPLESSITÀ
La montagna incantata, Mann Thomas, 2005, TEA
Ogni epoca ha la sua complessità. La complessità delle epoche che ci hanno preceduto può apparire a noi meno complessa della nostra, ma la complessità di ieri era per l’uomo di ieri altrettanto complessa della nostra. Altrettanto incomprensibile per i molti e altrettanto interpretabile per i pochi. Questi, oggi come allora, devono essere segnati dal ‘crisma’ dell’eccellenza, termine che non va inteso in senso generico, ma etimologico, dal verbo eccellere: ex –(fuori da) e cellere (latino antico per muovesi, salire).
Dunque, chi è in grado di interpretare la complessità in cui vive lo deve alla sua capacità di elevarsi al di sopra di essa per osservarla dall’alto, sfuggendo alla vicinanza che ne offuscherebbe la comprensione e nel contempo cogliendo e valutando i particolari inseriti nel contesto sottostante, e farli propri.
Hans Castorp, il protagonista della Montagna incantata di Thomas Mann, è suo malgrado l’interprete dell’epoca in cui vive e non a caso Mann lo ha posto in alto, fisicamente, su una montagna,. da cui si osservano i sintomi di cui soffre la società fra XIX e XX secolo, il male oscuro della classe dirigente europea, ricca, indolente, decadente, viziata, senza energia innovativa, chiusa in schemi e preconcetti stantii, incapace di reinventarsi, la società dell’“allegra apocalisse”.
Castorp, ospite di un rinomato sanatorio, è come se la vedesse, tutta intera, laggiù nelle pianure dove brulicano “i sani”. Tuttavia Mann, condensa tutta quella società lontana e la porta vicino, rappresentandola come la clientela del sanatorio. Sempre, comunque, soggetta a valutazione in tutta la sua complessità e in tutte le sue contraddizioni: processi e opzioni (Settembrini versus Naphta), razionalità e passione (Castop versus Klavdia), Germania fra Occidente e Russia (tema all’ordine del giorno), Occidente e Oriente (l’odierna globalizzazione economica, ma anche di modello di società), ordine e caos.
Di questa complessità Castorp si fa l’interprete e giunge alla conclusione che la dignità (oggi diremmo la competenza) dell’uomo sta nel cogliere, dominare e tenere in equilibrio le contraddizioni in un costante esercizio olistico che porta a una visione integrale, a una responsabilità consapevole delle proprie azioni, per prepararsi, in una parola, ad affrontare le sfide del futuro.
Quale miglior testo per capire l’approccio individuale, di un imprenditore, manager o professionista alla complessità? Per capire quali doti ci vogliono per vederci chiaro. Per essere consapevoli delle conseguenze possibili derivate da un visione più ampia, dallo svelamento degli intrecci.