Il problem solving strategico per prendere decisioni difficili – Seconda Parte

Il problem solving strategico in azienda. Seconda parte dell’articolo sul problem solving che illustra come prendere decisioni difficili in aziende con problemi di fatturato senza commettere errori.Il compito del problem solving è di portare a galla responsabilità e conseguenze delle varie opzioni e affiancare l’imprenditore nel prendere la decisione più saggia.
Prendere una decisione oggi, in un contesto di disincanto in cui si è smesso di credere in valori assoluti, dà libertà ai valori soggettivi in cui le decisioni opportunistiche la fanno da padrone. Il mio non è un giudizio morale. Non è il mio mestiere. E’ mia etica professionale quando mi occupo di problem solving strategico, far capire all’imprenditore se in lui prevale l’etica dell’intenzione, conta lo scopo delle azioni; o l’etica della responsabilità ovvero il farsi carico delle conseguenze delle tue decisioni.
Vedo che la seconda, l’etica della responsabilità, è oggi predominante.
Anche nell’analisi del contesto e delle variabili del problem solving strategico questo va tenuto presente.
Anche per prevenire il rimorso o il senso di colpa.
Il rimorso è legato a un’intenzione sbagliata.
Il senso di colpa è basato sulle conseguenze errate delle tue decisioni.
Oggi nelle aziende è il senso di colpa dei proprietari o dei top manager che il business coaching efficace si trova a far superare.
Parlare di problem solving induce facilmente il teorico a disperdersi fra: APS, PPS, PDLA, DMAIC, 5W2H, Analisi di Ishikawa; FMECA, Fault Tree Analysis, Braintorming, SWAT analysis. Tutte tecniche volte a rendere processo la soluzione di un problema. Ti consiglio di dare un’occhiata a queste tecniche e di familiarizzarvi. Troverai che si assomigliano parecchio. Tutte insegnano un metodo, a volte più complesso del problema da risolvere. I minimi denominatori comuni sono invece utili per farsi una propria mappa mentale con gli step da seguire nell’affrontare un problema. Segnalerò più avanti quello che io preferisco e che utilizzo nella pratica.
Molti sono troppo complessi per le applicazioni in azienda.
Già gestire un brainstorming non è da tutti e da tutte le aziende.
La mia esperienza nell’ambito del problem solving strategico mi dice che sono le risorse e il tempo le due colonne portanti di ogni procedura di problem solving.
Unite con le competenze trasversali e multidisciplinari che permettono di applicare il pensiero laterale e di vedere il problema a 360° per accelerare la soluzione su cui occorre concentrasi.
Ecco un esempio molto diffuso.
Personalmente da pragmatico, come già citato, preferisco un modello più empirico, pratico, validabile con test operativi:
Il processo deve essere veloce per evitare che il contesto d’analisi cambi per situazioni esogene. Ovvero arrivi alla soluzione , ma il contesto è cambiato.
Il metodo aiuta, conoscere i processi anche, ma è vitale, nella mia ottica d’efficacia d’intervento per garantire risultati rapidi, misurabile e DURATURI, concentrarsi sull’essere umano con cui lavoro.
Castaneda riporta che 4 sono i nemici dell’uomo secondo Don Juan.
La paura, la lucidità, il potere, la vecchiaia.
“Aprire gli occhi su qualcosa è sempre una faccenda molto personale.”
Voglio qui concentrarmi sul nemico che riscontro di più fra imprenditori e manager: la paura.
Quando l’imprenditore prende consapevolezza che la sua azienda è in stallo e si rende conto di NON saper come fare per disincagliarla dagli scogli (tradizione, competenze, convinzioni, abitudini, cerimonie, sistemi, personaggi, etc.) che la trattengono, cede al disincanto e si rende conto dei propri limiti (meno male). Questo passaggio, se ben gestito, porta il manager o l’imprenditore a coprire i deficit, a farsi un bel esame di coscienza, a farsi aiutare, a imparare in un processo di Life Long Learning materie nuove.
Perché ciò che conta veramente al di là delle SWOT analysis che ovviamente uso, è portare a consapevolezza che ciò che conta è il potere personale. Il poter potere rinforzabile con particolari tecniche. Lavoro che sto facendo col general mager di un’azienda leader di settore.
L’obiettivo è raddoppiare il fatturato in 4 anni. Questo sarà possibile, ovviamente se ci saranno gli elementi igienici allo scopo (risorse, competenze, prodotti, mercati, ecc.), ma soprattutto se il general manager si sente oggi a suo agio nelle veste futura: con più riporti, meno controllo diretto, più strategia e meno operatività, più delega, più sistemi di controllo, più metodo e pianificazione, meno improvvisazione, più capacità di networking internazionale, public speaking, leadership personale, focus sugli obiettivi, resilienza, capacità di attrarre e lavorare con talenti, volontà di sciogliere legami professionali e crearne degli altri più confacenti, capacità organizzative e di gestione, team building.
Il distacco, la sospensione dei sentimenti, la lucidità di pensiero, con la forza e l’audacia, portano a quella che viene chiamata “spietatezza”.
Spietatezza, chiarisco io, verso il nemico naturale dell’uomo: la paura. I legami con la tradizione (” Piccolo è bello”, invece è solo piccolo), l’istituzione e il capo ( es. fondatore dell’azienda) non ti permettono di volare libero e l’imprenditore rimane imprigionato in un contesto in cui le risorse sono scarse, i feed back sono compiacenti e conformisti, gli alibi per la mancanza di fatturato sono sport aziendale.
I mediocri si attaccheranno ai tuoi piedi e, per paura, non ti permetteranno di volare. Pensate ai vari Steve Jobs , Zuckenberg, Gates, Pinault, Arnault. Manager come Winkelman (Lamborghini), Bertelli (Prada), Andrea Guerra (Luxottica) e tanti altri anche italiani già citati in precedenti articoli che volano e fanno volare i fatturati e i profitti.
Come era Steve Job con i collaboratori? Esigente (spietato) è dir poco.
Il problem solving è sì metodo, ci mancherebbe altro, ma unito all’audacia (spietatezza) dell’imprenditore che esige l’eccellenza, perché normale. Perché non ha paura del meglio.
Quanti imprenditori esigono l’eccellenza davvero?
Di cosa hanno paura? Di passare per cattivi? Paura infantile. Si agisce in azienda tra professionisti. Non siamo una grande famiglia.
Con tre miei clienti stiamo proprio lavorando concretamente su questo obiettivo pratico, implementando sistemi, motivando, selezionando, “rottamando”, sostituendo, progettando e AGENDO.
Oggi i disguidi verso la fdv e i dealer (ritardi consegne, contro campioni errati, preventivi non immediati, mancanze di conferme d’ordine, lunghe attese al telefono, insoluti) si sono ridotti dell’80% e l’obiettivo è arrivare a zero. Spietatezza significa non aver paura dell’eccellenza, non temere di impegnarsi per ottenere l’ottimo (non il massimo).
Mi sono chiesto come mai esistano imprenditori e manager che gettano la spugna ancor prima di finire un percorso di rilancio dell’azienda.
Ho cercato un parallelismo con i Navy Seals, reparto di soldati USA addestrati a intervenire in situazioni drammatiche e limite.
La marina americana aveva lo stesso problema,: troppi allievi al corso per NS lasciavano.
Risultò, da un’accurata indagine, che la maggior parte dei partecipanti non lasciava perché dovevano strisciare nel fango, sopravvivere a temperature estreme, agire in ambienti ostili. Non lasciavano a metà di un’esercitazione stressante, faticosa, impegnativa.
Comunicavano la decisione al superiore dopo pranzo. Lasciavano, in anticipo alle condizioni difficili che avrebbero dovuto affrontare. Si autoeliminavano, non perché mancassero di abilità per affrontare i compiti, ma perché avevano paura che le sfide che avevano di fronte sarebbero state troppo difficili e quindi avrebbero fallito (e fallito di fronte ai compagni di corso, insomma paura di perdere la faccia).
Il messaggio agli imprenditori e ai manager è non mollare in anticipo per timore di fallimenti. Mantieni la fiducia in te stesso nel poter superare ostacoli, con le tue risorse, che neanche ti immagini, nonostante la fatica, lo stress, le complessità che inesorabilmente incontrerai.
The No. 1 Lesson from Navy SEALs: ‘Don’t Quit in Anticipation of Future Failure’
- specifica il problema
- Identifica gli asset a tua disposizione
- ordinali per utilità alla soluzione
- pianifica un’attività, la tua “missione”, per risolvere il problema.
- sii determinato e porta a termine la missione.
Come vedi le tecniche scientifiche di problem solving lasciano il tempo che trovano quando applicate a situazioni estreme come quelle in cui molti imprenditori si trovano a operare oggi.
Per compiere i 5 punti citati qui sopra occorre ottenere una grande capacità di concentrazione (focus) e di semplificazione agli elementi essenziali, ai cardini del problema.
Piantarla col piagnisteo sulla mancanza di fondi, risorse o tempo.
Allontanare le persone con energia negativa. Non sottovalutare il loro potere distruttivo sul morale.
Ricordarsi che stare sulla difensiva rende deboli.
Permettersi di provare paura (ne abbiamo già parlato).
Allenarsi a controllare le emozioni fisicamente.
Ricordarsi che un elefante non si mangia intero, ma a fette.
Allenare con costanza il corpo, mantenendosi in forma.
Avere fiducia in se stessi.
Per uscire vincitori, avendo trovato la soluzione, da una hell week ( settimana d’inferno), ti basi:
- sulla tua resilienza
- sulla tua determinazione
- sulla resistenza all’ansia.
Girare per 6 giorni consecutivi per tre regioni d’Italia Lazio, Puglia, Veneto visitando dealer per ottenere l’YTD6 ( risultato di vendita progressivo del primo semestre) a tutti i costi, identificando e risolvendo ostacoli ogni giorno richiede quanto citato. Un mio cliente Direttore Commerciale ha pianificato per fine Giugno: ci stiamo allenando.
Il dr. X è dovuto scendere in campo di persona perché il suo responsabile area Sud è un “dr. Divago” che usa l’esortazione come unico mezzo per stimolare la fdv a lui assegnata. Non è abituato a lavorare in team, a considerare i membri del team al primo posto ( anche prima di sé), non pianifica, non analizza, non allena la squadra con metodo, “eccellenza” è una parola che usa solo quando incontra un’autorità.
Logico che anche la squadra che guida non ottenga, salvo 1 eccezione, risultati buoni, ma nemmeno mediocri, siamo tra il disastro colposo e l’insufficienza cronica.
Il problem solving in questo caso non sta solo nel quick fix del progressivo 6+6, ma nel rimodellare la rete secondo criteri di eccellenza. Compito che spetterà al Direttore Commerciale a partire da Luglio. Quanto sarà determinato nel risolvere questa cronica situazione, una volta per tutte, in modo duraturo e senza farsi prendere dalla paura di sbagliare e dall’ansia di dover, forse, fare dei distacchi?
Ecco, cito da Castaneda e Don Juan “La risposta è semplicissima. Non deve fuggire. Deve sfidare la sua paura, e a dispetto di essa deve compiere il passo successivo nell’imparare, e il successivo e ancora il successivo. La sua paura deve essere completa, e tuttavia non si deve fermare. Questa è la regola! E verrà il momento in cui il suo primo nemico volgerà in ritirata. L’uomo comincia a sentirsi sicuro di sé.”
Don Juan è una fonte d’ispirazione per ogni business coach efficace quando alle prese con temi di problem solving che riguardano decisioni di crescita aziendale, diversificazione per mercati/ canali/prodotti, riduzione costi per unità prodotta o venduta, incremento MOL, leadership audace, team building, M&A, gestione del tempo, negoziazioni importanti, ovvero là dove l’imprenditore deve essere un leader coraggioso.
Il business coaching efficace ti aiuta nel problem solving.
A prendere decisioni per la tua azienda e la tua professione senza ansia e con efficaci risultati veloci, misurabili e duraturi.
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