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Le qualità degli outsider, gli unici che possono cambiare il mondo con innovazioni rivoluzionarie nel business

Giulio Ardenghi

Da qualche tempo non si parla d’altro che delle tecnologie “disruptive”: fabbrica 4.0, IoT, Intelligenza artificiale…Le innovazioni rivoluzionarie nel business e che hanno anche inciso sulla vita quotidiana di ognuno di noi sono state generate dalla visione di pochissimi outsider (soprattutto stranieri). In questo articolo, oltre agli esempi, trovi anche le qualità necessarie di chi ha attuato queste rivoluzioni con grandi profitti. Le qualità di outsider si possono sviluppare, ma non instillare da zero. Scopri se potrai essere uno dei pochi outsider italiani.

The Outsiders, scritto da William Thorndike, è un libro fantastico che esamina 8 Amministratori Delegati non convenzionali e la loro via al successo.

Il libro, che raccomando a tutti i miei lettori e clienti, fa capire come questi CEO (Chief Executive Officer)  abbiano raggiunto un successo enorme e come tutti quanti avessero delle qualità simili.

Chi sono gli outsider

La principale skill era e rimane quella di essere dei campioni nell’allocazione di capitale per lo sviluppo di lungo termine, piuttosto che perdere un sacco di tempo nel gestire le attività quotidiane. La delega ai responsabili delle varie attivita era totale con, logico, occasioni di controllo pianificate regolarmente.

I CEO outsider preferiscono i flussi di cassa ai profitti di breve. Non perdono il sonno se i risultati trimestrali non sono quelli che gli analisti avevano previsto

Gli outsider si focalizzano sull’efficienza del capitale e assicurano un roi (return on investement) alto sul capitale investito.

Essi reimpiegano il capitale generato in progetti ancora più profittevoli nel lungo periodo attivando così un circolo virtuoso.

Questi CEO outsider condividevano anche valori e un senso etico simile.

Non apparivano sulle copertine di Forbes (poi ci finiscono ugualmente) e si assicuravano di trascorrere il tempo giusto con la propria famiglia.

Non erano preoccupati della crescita, del profitto, dei costi del personale, etc. sapevano che questi kpi (indicatori chiave di performance) si sarebbero coerentemente allineati da soli attraverso un’attentissima allocazione di capitale.

Differenze fra tradizionalisti e innovatori

Che differenza col CEO tradizionale che trascorre molto tempo nella verifica dell’operatività, nel girare in lungo e in largo, nell’incontrarsi con banche e affini, nel preoccuparsi dei risultati trimestrali.

Invece il ceo outsider impiega il suo tempo nell’analizzare nuovi business, nuove opportunità e trovando il modo strategico più efficace per allocare il capitale generato.

Il  CEO tradizionale è:

  • focalizzato sulle operazioni quotidiane
  • sulla crescita del business invece che sul creare valore nel lungo termine
  • ossessionato con la crescita di brevissimo termine
  • ha un MBA (master in business administration) e si e’ concentrato a suo modo per arrivare al top
  • e’ sovente un uomo pubblico che ama apparire o essere citato nei media e nella business community
  • sono leader dall’ alto profilo carismatico, ma generano molto meno ritorni positivi dei loro pari CEO “outsider”.

Il CEO outsider è:

  • principalmente focalizzato sull’allocazione del capitale
  • impegnato a massimizzare il valore dell’azienda nel lungo periodo e in modo duraturo
  • favorisce il cash flow sul profitto di breve o brevissimo
  • spinge per la delega e per incoraggiare il pensiero indipendente.
  • sovente è CEO per la prima volta
  • é frugale e non ama i riflettori
  • preferisce trascorrere tempo con gli investitori, ottenendo più profitti e crescita che il tradizionalista.

Ai nostri giorni vedo due outsiders: Jeff Bezos, fondatore di Amazon

 

Jeff Bezos CEO di Amazon

ed Elon Musk

 

Elon Musk

fondatore di Tesla, Space X, e the Boring Company.

Elon Musk è un visionario che va oltre l’ovvio, capace di implementare concretamente le sue visioni e di rivoluzionare interi settori che sembravano immutabili: automotive, conquista dello spazio, mobilità.

Il mio intento è analizzare oggi Jeff Bezos perchè credo che Amazon sia solo all’inizio del suo incredibile successo. Ho avuto modo d’incontrare alcuni manager di Amazon presso la Singularity University e ho capito, se ce n’era bisogno, di quanto sia vitale circondarsi di talenti che lavorino in squadra sotto una leadership “esponenziale”.

Comunque, Tony Ryan CEO di Ryanair, Richard Branson di Virgin,che hanno rivoluzionato il settore aereo, sono tutti outsider. Un nuovo leader ousider Jensen Huang, che ammiro molto, fondatore e presidente di Nvidia sta dominando il settore dei semiconduttori con nuove piattaforme GPU e con il primo prtafoglio al mondo di supe computer per l’I.A. (intelligenza artificiale). Per dimostrare cosa vuol dire essere outsider o CEO esponenziali, ti sgnalo che in 12 mesi le azioni Nvidia sono salite da 25 dollari a 125$!.

Perche Jeff Bezos è un CEO outsider?

Perché oltre a sposare tutte le skill appena elencate, è umile, innovativo, e produce sempre nuove idee.

Non perde il sonno preoccupandosi delle opinioni di chi è esterno all’azienda.

Amazon è una macchina fatta per generare un alto ritorno di cassa libero per essere impiegato in nuovi progetti (ultimo fare concorrenza alle farmacie).

 Jeff Bezos agli azionisti

Dalla lettera agli azionisti di Jeff Bezos:

Si deve massimizzare il capitale libero da impieghi operativi (dollar free cash flow), se necessario abbassando i margini.

Continueremo a prendere decisioni d’investimento in funzione di una leadership di lungo periodo, piuttosto che ricercare profitto di breve

Credo che si debba accettare di essere malintepretati se si vuole essere innovativi

Noi bilanciamo il nostro focus sulla crescita con l’enfasi sulla profittabilita di lungo termine e sul management capital

Monitoriamo e misuriamo costantemente i nostri programmi e l’efficacia degli investimenti per rimuovere quelli che non assicurano un ritorno accettabile

Mi preoccupo dei nostri investitori e quindi di una redditivita duratura di lungo periodo.”

Nel libro c’è una tabella che confronta i risultati ottenuti dalle aziende con CEO outsiders vs gli indici di borsa e aziende paritetiche. Stravincono gli outsiders.

Jack Welch outsider del XX secolo

Secondo l’autore del libro il miglior CEO outsider del XX secolo è stato Jack Welch della General Electric.

Oggi, qualcuno potrebbe obiettare che Steve Job  è stato il CEO piu outsider, beh, era di alto-profilo, era molto innovativo e gli piaceva apparire, un genio con idee potenti.

Amazon vs Apple

   

Se confrontiamo i numeri dall’ipo (1a quotazione di borsa) di entrambe le due mega-aziende non c’è storia.

Vince Jeff Bezos: 1$ investito all’ipo di Apple oggi vale 153$, 1 dollaro in Amazon 969$ (valori al 22 Maggio 2017).

Infatti l’attuale CEO di Apple Tim Cook è sovente messo sotto accusa per scarsa visione e capacità inventiva, inoltre i risultati per gli investitori sono in linea con l’ordinario. Personalemnte non condivido questa opinione. Apple è seduta su 220 miliardi di dollari cash pronti per essere investiti e fare buy back di azioni proprie.

Il CEO ousider o esponenziale, assicura più ritorni agli investitori, la sua azienda performa meglio delle altre imprese similari e degli indicatori di mercato.

Sotto la leadershi di Jeff Bezos, Amazon (440 miliardi di capitalizzazione) continua a trovare nuovi modalità d’investimento (7,5 miliardi di dollari in 12 mesi) con tassi di ritorno altissimi, come nell’AWS (Amazon Web Service).

Sono convinto che Amazon continuerà a stupire e a mietere successi.

Imprenditori, manager e professionisti italiani

Torniamo in Italia e torniamo nel mondo degli imprenditori, manager e professionisti.

Sì, anche per i professionisti valgono le medesime regole sopra descritte.

Primo caso pratico. Ofelè fa ol to mesté (pasticciere fai il tuo mestiere).

Una pmi di articoli d’imortazione, settore prodotti per la casa, vive l’emergenza di una grossa consegna di materiale che, per cause di forza maggiore, ritarderà di un mese. Il materiale è in gran parte già venduto e purtoppo il ritardo porterà danno al fatturato.

Quello cui ho assistito personalmente è questo:

il direttore commerciale, il responsabile degli acquisti, il presidente tutti al telefono col trasportatore per capire quando la merce sarebbe arrivata.

L’unico professionista che non viene coinvolto è il responsabile della logistica.

Pochissimo tempo, minuti, vengono dedicati a definire quale offerta alternativa può essere fatta ai clienti (alcuni dei quali sono stati informati per tempo del grosso disguido).

Non si calcola l’impatto sulle vendite, non si calcola la perdita sul margine di contribuzione, non viene comunicato in modo chiaro all’interno dell’azienda questo problema.

Tutti se ne stanno occupando, salvo il responsabile della logistica.

Questa è un’azienda che non valorizza le risorse, che non delega, che lavora per emergenze continue su cui si scatenano tutti quanti senza capire chi ha la responsabilità e la competenza riconosciuta dal ruolo nel gestire il caso.

Caso che dipendeva da 2 sole risposte: il materiale dell’azienda era stato rovinato? quando sarebbe stato consegnato in azienda? Bastava il responsabile della logistica. Invece si sono mossi in 3 passando ore al telefono e senza, logico, risolvere l’inconveniente.

Questa azienda vuole forse sudditi, non gente che pensi e agisca con discernimento? Teme forse che non siano adeguati? E’il ischio di selezioni improvvisate che non guardano alle potenzialità future dei professionisti.

Fare subito. Il domani lo si affronterà domani.

Oggi le aziende di successo confezionano il proprio futuro preparandosi per tempo. Usando le tecnologie che permettono analisi utili a prendere sagge decisioni per la soddisfazione dei clienti.

I dati nelle aziende ci sono, ma in pochi hanno sia l’attitudine all’analisi che competenze di statistica di base. Questa è una lacuna enorme nel mondo dell’informazione diffusa. I gestionali in azienda ci sono, ma vengono utilizzati più per la parte amministrativo/contabile che per analisi dei clienti e, più in generale, delle vendite.

Inoltre non è sempre chiaro chi si debba occupare in azienda  di quest’area importantissima. Chi fonde i dati provenienti dai social media, dal sito internet, dalla forza vendita, dalla concorrenza, dal gestionale commerciale?

Invece, è col sacrificio che si pensa di gestire un’azienda.

Secondo caso. Mancanza di strategia

Una pmi del settore elettronica di consumo ha 40 agenti multimandatari, peccato che il 40% di essi faccia il 60% del fatturato. Vuol dire che esistono 24 agenti che non raggiungono gli obiettivi. Quando la media di settore e di mercato vede un 5%  d’incapaci.

Di fronte a questa evidenza, supportatta dai numeri, la risposta è:” Tanto sono pagati a provvigione, quindi non ci costano”. Se questa non è insipienza, lascio a te, caro lettore, definirla.  Non passa neanche per l’anticamera del cervello che esista il mancato ricavo, un basso cash flow, un’inefficienza di guida, una mancata analisi della contribuzione marginale per mandato, ecc.

In parte, l’inefficienza potrebbe essere recuperata con specifico training di vendita e di prodotto, oltre che, e qui alzo il tiro, nella valutazione del mix prodotti e, soprattutto del mix di canali.

Quanti sono gli agenti che vendono tutta la gamma? quanti sono “specialisti” di una famiglia di prodotti? Quanti hanno aumentato il valore medio degli ordini dei distributori e quanti hanno aperto nuovi punti di vendita?

Tutto è lasciato al caso perchè in sede sono oberati dall’operatività quotidiana.

Non esiste un piano vendite. Esiste, meno male, almeno un budget, ma la tendenza di guardare nello specchietto retrovisore, cioè al risultato di N-1 è forte.

Questa azienda non ha cultura manageriale.  Non riece a sganciarsi da un approccio da negoziante come quando il fatturato era di una manciata di milioni di euro.

Ora questo modus operandi, improvvisato e superficiale, viene nascosto dall’alibi di rimanere dinamici e flessibili.

I numeri non dicono questo. L’azienda si sta muovendo per inerzia. Manca la strategia di medio termine 2/3 anni e nessuno ha ben chiara l’importanza dei flussi di cassa liberi da impegni correnti per fare R&D e sviluppo con metodo.

Io sono certo che “il bisognino fa correre la vecchietta” e che quindi questa bella azienda si muoverà presto per recuperare terreno e per sopravvanzare i concorrenti, con metodo.

3 caso.La gestione del tempo

Un imprenditore viene coinvolto in un importante business all’estero. Il team è internazionale. Il nostro parla male inglese e a volte “si nasconde” per non essere coinvolto nelle discussioni di vertice. Ma nel frattempo, avendo come incarico di coordinare acquisti e forza lavoro dall’Italia, è continuamente in stress perchè vuole avere tutto sotto il proprio controllo personale. Usa il metodo applicato nella propria piccola impresa da imprenditore, là dove, invece, occorrono skills manageriali di organizzazione, delega e pianificazione.

L’urgenza è la regola. La mancanza di managerialità viene compensata da 15 ore di lavoro giornaliero. Ho visto con i miei occhi che la persona in questione riceveva una media di 90 mail al giorno. Doveva rispondere di persona a tutte e subito?

Quanto tempo gli consumava? manteneva la lucidità per dialogare con gli altri 3 soci? Egli ammirava, e lo credo bene, il socio francese, responsabile commerciale, che lavorava con un team di talenti e che di certo non soffriva di mal di testa.

4 caso. I talenti costano

Un’azienda nel settore item di plastica da riciclo è alla ricerca di un responsabile vendite. Il precedente ha deciso di migrare in una multinazionale.

Il vertice tentenna da 9 mesi sulla necessità o meno di una sostituzione. La posizione è ricoperta ad interim in modo non adeguato.

Un membro della famiglia, non giovanissimo, proprietaria dell’azienda gestisce la routine con la forza vendita e i clienti e nello stesso tempo cerca di coprire il settore comunicazione off e on line, la produzione e, a volte, la gestione delle risorse umane e tecnologiche.

Credo che nemmeno Capitan America riusciebbe a far tutto bene. Logico che l’oggi (anzi l’ora) prevalga su tutto. Riconosco la dedizione, l’impegno e la buona volontà (di nuovo siamo al sacrificio).

Questa persona presto o tardi, volente o nolente diverrà consapevole dei propri limiti e si preoccuperà di coprirsi con competenze attinte dall’esterno.

Vuole fare il responabile commerciale del 2017? Sarà in grado di aggiornarsi per accedere alle ultime tecniche e metodi di gestione di una rete di vendita? e sulle relative tecnologie di supporto?

Ma in azienda non c’è tempo. Occorre rispondere subito al venditore che chiede se può fare un sconto extra 5%.

Il lato curioso è che il vertice dell’azienda non vuole utilizzare le società di selezione del personale perchè costano (ca 8.000€) che in % sul fatturato è niente, per fare head hunting di un responsabile vendite moderno.

Inoltre, si intestadisce nel volere un manager che provenga dal settore.

Abbiamo visto come i CEO outsider non provenissero dal settore.

La consoscenza del prodotto si acquisisce, le competenze e la leadership nel mondo del web 4.0 sono diverse rispetto a chi ha fatto la propria carriera 5 anni fa.

Oggi occorre saperne di multicanalità, di customer experience, di flussi di cassa, di analisi dei dati, di leadership partecipativa (e a volte assertiva), di conoscenza delle pratiche legate alla teoria della coda lunga (che mette in discussione la teoria di Pareto), dell’assistenza ai rivenditori e alla forza di vendita, del training di vendita, della valutazione del potenziale di zona, dell’applicazione dei software gestionali su mobile, delle vendite on line, della customer experience, ecc.

Queste competenze  non sono più optional, in quanto hanno un impatto esponenziale sui risultati.

L’introduzione in azienda di un professional o manager esperienziato può essere utile per gestire  ed efficienziare lo staus quo (che non è da sottovalutare). Ma non credo che sarebbe scelto da Jeff Bezos per guidare lo  sviluppo esponenziale dell’azienda. Forse lo potrà gestire, ma non impostare.

L’azienda deve remunerare i talenti secondo mercato. Ma se l’ebit e l’ebitda non sono allineati al mercato, quanto meno il costo totale del nuovo inserimento deve essere imputato nel conto economico per capire di quanto deve aumentare il fatturato o il margine per ripagarsi.

Ma se la RAL (retribuzione annua lorda) con premi incide per un 3% sul conto economico e si dice che non si può recuperare nelle vendite, mi chiedo che razza di decisione si stia prendendo.

Io non concepisco nemmeno l’idea che non si possa incrementare il fatturato del 3%!

Siamo alle solite, in molte PMI si procede a tentativi, a “pancia”, cambiando idea ogni settimana, tentennando e cambiando idea dall’oggi al domani. Eppure basterebbe chiarirsi le idee sul futuro che vuole darsi l’azienda, con adeguate analisi, per dipanare la matassa e muoversi presto e bene, ovvero con metodo.

5 caso: l’unione fa la forza

Il lavoro di squadra è vitale anche nelle piccolissime aziende. In molte l’ho visto e l’ho incentivato e i risultati si sono visti.

Laddove ci si trincera nella propria funzione e non si condividono le informazioni c’è il mito che “Chi fa da sè fa per tre” (sacrificio).

Come abbiamo visto tutti i CEO outsider con risultati di notevole successo sanno circondarsi di una squadra di talenti. Il gioco di squadra stravince anche sulla pick performance di un”libero”.

Il mondo è complesso e per disintrecciarne le opportunità immense che offre occorre usare più cervelli, lasciando perdere rivalità, permalosità, ego ipertrofico.

Devo dire che nella mia esperienza, salvo casi rari, ho sempre incontrato imprenditori, manager e professionisti intelligenti che, a un certo punto, si accorgevano che prendere decisioni da soli, sentirsi sulle spalle tutta la responsabilità del business, sentirsi  soli era oltremodo stressante, con perdita di lucidità decisionale in quanto sempre sotto tensione.

Ecco che, a volte con un atto di umiltà o di semplice pragmatismo si rendevano conto che il loro comportamento non era quello più efficiente e riscoprivano il lavoro in team, la condivisione delle decisioni, l’armonia di un gruppo affiatato che remava nella stessa direzione.

E’ una grande soddisfazione vedere che con il metodo del business coaching efficace questi “miracoli”  possono avvenire. Che poi miracoli non sono, ma un’attenta tattica per elicitare, portare a galla, i veri bisogni e rinforzare le risorse personali e le competenze degli interessati.

Rimpianti professionali

“Se avessi osato agire, ce l’avrei fatta”. ” Se avessi dato retta ai miei collaboratori più vicini”. “Se non mi fossi fatto convincere…” tante volte ho sentito da professionisti, manager e imprenditori queste frasi nostalgiche.

Un outsider non rimpiange il passato, perchè sa che è solo con gli occhi di oggi che sembra così roseo. Al contrario i fallimenti o le mancate opportunità di ieri gli servono per mettere a fuoco i propri limiti, quelle carenze che l’hanno segnato e che lo hanno fatto crescere nel proprio sviluppo personale e professionale.

In termini psicologici parleremmo di “nostalgia”, in termini di business parlo di “routine”, di “area di confort”, “di rendite da posizione”, di “tran-tran senza problemi o interrogativi”. Alla fine è pigrizia di pensare al vuoto che ti circonda e a come superarlo.

L’outsider supera di slancio le passerelle tra un passato perso e un futuro ignoto. L’outsider crea il proprio futuro, lo intuisce, lo plasma, gli dà vita.

E’ una caratteristica della leadership esponenziale più efficace, più adatta ai nostri tempi in cui abbiamo a che fare con la complessità che va dipanata per coglierne tutti i vantaggi essendo sempre un miglio più vanti degli altri. Anche a costo, come dice Jeff Bezos, di non essere capiti, di passare per visionari, di essere accusati di non avere i piedi per terra, di correre troppo in avanti.

L’outsider smotta i canoni comuni, i modelli tradizionali, percepisce dove va il mondo, anzi gli dà pure una spinta per andare nella direzione che lui vuole.

Le rivoluzioni le fanno gli uomini e le donne outsider

Oggi non se ne può più di sentir parlare di fabbrica 4.0. C’è chi pensa che creando una fabbrica in cui si applicano le tecnologie “disruptive” che permettono la digitalizzazione del settore manifatturiero si è compiuta una rivoluzione industriale.

Le rivoluzioni le fanno gli uomini e le donne outsider. Senza un outsider alla guida di un’azienda, o di uno studio professionale, non si crea una grande business duraturo nel tempo. Non si creano profitti importanti. Non si soddisfano i clienti moderni.

Esempio: dov’è finito Blockbuster? Netflix l’ha “matato”. Jeff Bezos sta sconvolgendo il settore delle vendite al dettaglio e non solo, Elon Musk sta rivoluzionando il mondo dell’automobile e non solo. Perchè, come abbiamo sottolineato, l’obiettivo dell’outsider è produrre idee in continuazione e impiegare capitali e tecnologie esponenziali in nuovi settori ad alta resa.

Quindi, io credo, anzi ne sono fermamente convinto, che occorra parlare più delle caratteristiche degli uomini e donne outsider nelle conferenze sul futuro dell’industria (ad esempio).

Troppo semplice parlare di nuove (?) tecnologie. Parliamone. Ma la carenza è di leader outsider. Perchè solo un outsier può battere un altro leader outsider.

I vari Ferrero, Domenicali, Caio, Soru, Starace, Bondi, Diego della Valle, Moretti, Bertelli, Cattaneo, Colannino, Bernabé, Elkan, Marchionne, ecc. sono CEO outsider? Non corrispondono al profilo indicato.

Forse lo è stato Renzo Rosso, che ora mi pare in quiescienza.

Qui interviene il business coaching efficace per sviluppare le doti e le competeneze adatte a un CEO outsider/esponenziale che guardi in lungo e porti larghi profitti.

“Bisogna essere testardi nella visione e flessibili nei dettagli” cit. Jeff Bezos

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